La scarcerazione di Njeem Osama Elmasry, il capo della polizia giudiziaria libica, noto come Almasri, continua a far discutere la politica italiana ed ora sembrerebbe che anche la Corte penale internazionale abbia deciso di intervenire per chiedere spiegazioni al governo italiano. “La Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi compiuti“, si legge infatti in una nota della Cpi, in cui vengono anche elencati a grande linee i passaggi che avrebbero portato prima all’arresto del capo della polizia e poi alla sua liberazione.
Almasry era stato arrestato lo scorso 19 gennaio su mandato della Corte penale internazionale dell’Aja e poi trasferito in carcere a Torino. Secondo quanto si legge nell’ordinanza della Corte di Appello di Roma, però, l’arresto sarebbe avvenuto secondo una “irritualità“, in quanto non si sarebbe proceduto con le interlocuzioni con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, come previsto invece per i mandati della Cpi. Gli agenti avrebbero invece proceduto autonomamente all’arresto e proprio per questo è stata chiesta “l’immediata scarcerazione del pervenuto“. Subito dopo l’uscita dal carcere di Torino, quindi, Almasry sarebbe salito su un volo di Stato diretto a Tripoli, in Libia, dove sarebbe stato accolto da una folla di persone esultanti.
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Sulla questione è prevista domani un’interrogazione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, chiesta dai senatori del Pd Sandra Zampa e Michele Fina. Secondo i due esponenti dem, il ministro dovrà rispondere dei fatti che hanno seguito la scarcerazione del capo della polizia libanese, in particolare sulla decisione di immediato rimpatrio dell’arrestato. Le opposizioni, non soddisfatte dell’informativa di Piantedosi, chiedono a gran voce, e come fronte unito, che a rispondere alle domande del Parlamento sia il premier Giorgia Meloni. “I capigruppo delle opposizioni stanno inviando a Fontana una lettera congiunta per chiedere che Meloni venga in Parlamento“, ha dichiarato Nicola Fratoianni, leader di Avs.
L’arresto di Almasri
L’uomo è stato arrestato allo stadio mentre assisteva alla partita Juve-Milan, con un mandato della Cpi riguardante crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Questi, secondo quanto ricostruito dalla corte, sarebbero stati commessi nella prigione di Mitiga, a Tripoli, a partire dal 15 febbraio 2011.
Asrami inizia a collaborare con le milizie libiche a seguito della caduta di Gheddafi, nel 2011, fino a diventare uno dei comandanti più influenti dell’Apparato di deterrenza per il contrasto al terrorismo e al crimine organizzato (Dacto). Nel 2021, poi, viene nominato direttore dell’Istituto di riforma e riabilitazione della polizia penitenziaria di Tripoli, assumendo quindi il controllo delle principali strutture detentive della Capitale, compresa Mitiga.
Quest’ultimo non è solo un carcere ma un complesso che contiene l’unico scalo aereo civile di Tripoli oltre ad una base aerea strategica militare. Nel carcere si trovano sia detenuti politici che presunti membri dello Stato islamico e sotto la guida di Asrami è divenuta una delle strutture più temute dell’intero Paese. Secondo un rapporto redatto da Amnesty International, all’interno di Mitiga e sotto il controllo del capo della polizia si sarebbero verificate numerose torture, oltre a uccisioni illegali.
Caso Almasri, la rabbia delle opposizioni
Durissimi gli attacchi delle opposizioni al Presidente del Consiglio, che criticano la gestione di un caso che potrebbe creare un precedente pericoloso. “Meloni smetta di giocare a nascondino dietro ai suoi ministri“, ha tuonato la segretaria del Pd, Elly Schlein, riferendosi alla decisione di far riferire in Parlamento Piantedosi. “Dopo avere vigliaccamente disconosciuto il mandato di arresto contro Netanyahu, adesso il Governo Meloni continua a sbeffeggiare la legalità internazionale offrendo protezione e aerei di stato?“, ha invece chiesto il leader del M5S, Giuseppe Conte, affondando aspramente contro la condotta dell’esecutivo.
Enrico Borghi, presidente dei senatori di Italia Viva, è intervenuto in Aula al termine della relazione sullo stato della Giustizia del ministro Carlo Nordio per interrogare proprio quest’ultimo sulla vicenda definita “incresciosa“. Proprio durante il suo intervento, il ministro si sarebbe però allontanato dall’Aula, creando un certo clamore. “Visto che il ministro Nordio è interessato direttamente alla vicenda potrebbe ascoltare“, ha quindi sottolineato Borghi, prima di essere interrotto dal brusio proveniente dai banchi della maggioranza. “Il ministro Nordio ha deciso di uscire perché non è in grado di dirci altro“, ha quindi concluso il presidente dei senatori di Iv, chiedendo quindi nuovamente l’intervento del premier in Aula.
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