Dopo ben due mesi di stop, in cui il governo italiano ha tentato di riorganizzarsi e trovare una soluzione veramente attuabile, gli sbarchi presso i centri in Albania sono pronti per ricominciare. Schengjin e Gjiader potrebbero quindi popolarsi di nuovi volti, oltre quelli delle forze dell’ordine e dei professionisti che da mesi attendono di dare avvio al loro lavoro. Una nave italiana, la Cassiopea, ha infatti attraccato in Albania con ben 49 migranti a bordo, tutti ritenuti adatti al trasferimento dopo uno screening iniziale. Si tratta di cittadini del Bangladesh, dell’Egitto, della Costa d’Avorio e del Gambia.
Secondo quanto si apprende, il pattugliatore della Marina Militare ha attraccato a Shengjin intorno alle 7:30 del mattino. I migranti sbarcati saranno ora sottoposti alle procedure accelerata di frontiera, previste per chi proviene dai Paesi non sicuri e non ha consegnato i suoi documenti di identità. I 49 ospiti delle strutture italiane in Albania riceveranno cibo e vestiti puliti e verranno interrogati per comprendere la loro identità, così da iniziare con le procedure di asilo. Nel caso in cui, durante l’iniziale screening sanitario siano riscontrate problematiche di salute, i migranti saranno portati in Italia.
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In attesa della risposta sulla richiesta di asilo, poi, i migranti attenderanno nel centro di accoglienza a Gjiader, a poche decine di chilometri dall’hotspot. Chi non otterrà il via libera sarà trasferito nel Centro per il rimpatrio, presente all’interno del campo e chi, invece, dovesse commettere reati sarà rinchiuso nella piccola prigione del centro.
I dubbi sulla riuscita della terza missione in Albania
Si tratta della terza spedizione italiana, dopo le due fallimentari che sono state messe in atto lo scorso ottobre e lo scorso novembre, sul cui esito vengono nutriti ancora numerosi dubbi. Non è chiaro, infatti, se questa volta possa essere dichiarato valido il trattenimento o se, come in passato, il governo sia costretto ad organizzare un viaggio di ritorno che porti i migranti sul territorio italiano. L’esecutivo Meloni potrebbe però aver trovato un escamotage per ovviare al possibile “no” dei giudici.
Sui 49 migranti, infatti, saranno i giudici della Corte d’appello a decidere e non più quelli della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, ritenuti troppo vicini alle cause degli immigrati per prendere una decisione che sia realmente imparziale. Il cambio di giudizio è stato permesso dalla nuova norma, voluta e inserita dal governo nel decreto-flussi lo scorso 11 gennaio. Al momento, comunque, non è chiaro in che modo possa concludersi la vicenda, anche in considerazione del conflitto tra le leggi che normano la definizione di Paese sicuro.
Il successo del Viminale
L’operazione della nave Cassiopea, però, porta con sé un successo che il ministero dell’Interno ha voluto festeggiare apertamente, rendendo partecipe di esso anche l’opinione pubblica. Secondo quanto riportato nella comunicazione che accompagnava l’annuncio del trasferimento dei 49 immigrati, il Viminale ha sottolineato che ben 53 migranti hanno deciso di mostrare alle autorità italiane un documento di riconoscimento, al fine di evitare di essere trasferiti in Albania.
“Una circostanza di particolare rilievo“, è stata definita dal Viminale, che ha chiarito che in questo modo sarà più semplice per lo Stato italiano attivare le procedure di verifica delle posizioni individuali in tempi più rapidi e quindi aumentare le possibilità di rimpatrio per coloro che non hanno diritto a rimanere sul suolo dell’Unione europea.
Centri in Albania, cosa è successo in questi mesi
Il 2025, oltre ad essere l’anno della fine delle guerre e dell’approvazione di numerose riforme, potrebbe essere anche il momento in cui il patto Italia-Albania entra in azione a tutti gli effetti. L’inizio delle operazioni di trasferimento dei migranti, avvenute lo scorso ottobre, non hanno portato i risultati sperati, convincendo l’esecutivo a mettere in atto decreti e leggi che potessero rendere questo processo più semplificato.
Nel corso del convegno di Atreju, tenutosi a Roma, il premier ha promesso che il piano dei centri in Albania si sarebbe rivelato proficuo, sostenendo di non avere intenzione di abbandonarlo, ma di perseguirlo con ancora maggiore vigore. In questo senso, quindi, l’Italia ha messo in atto una serie di procedimenti per assicurarsi che il patto con Tirana veda la luce al più presto.
Oltre alla decisione di trasferire il potere decisionale sui trattenimenti dalle sezioni immigrazione dei Tribunali alla Corte d’appello, il governo Meloni ha anche fatto ricorso alla Cassazione per chiarire a chi spetti la decisione sulla definizione di Paesi sicuri. La Cassazione si è espressa lo scorso 19 dicembre, sottolineando che il potere decisionale dovrebbe essere assegnato caso per caso. Questo perché il governo ha il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo, ma allo stesso tempo il giudice può valutare se la designazione è legittima e quindi, nel caso, disapplicare il decreto sui Paesi sicuri.
La questione, quindi, diventerà più chiara solamente quando si esprimerà anche la Corte europea di Giustizia. Il nodo della questione, infatti, riguarda la presenza di due norme contrastanti che riguardano proprio la definizione di Paese sicuro. Non è al momento chiaro se il giudice debba affidarsi a quella italiana o se debba seguire le direttive europee, per cui, al momento, la questione dei centri in Albania resta piuttosto incerta.
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