Lui stava tornando, ma l’informazione non se n’era accorta

Diceva Churchill che la stoffa del grande politico “si riconosce da come sa spiegare il giorno dopo perché non si sono realizzate le previsioni del giorno prima”. Sotto questo aspetto, si può dire che i giornalisti, non solo italiani, hanno la stoffa dei grandi politici, ma così è logorata la stoffa dell’informazione. La rielezione di Trump è anche la débâcle del giornalismo

Roberto Guerriero
5 Min di lettura

Sir Winston Spencer Leonard Churchill è titolare di centinaia di aforismi, alcuni con il copyright accertato, moltissimi apocrifi ma a lui attribuiti per la sottigliezza, il sarcasmo e quella dose di cinismo da rendere doverosa l’attribuzione della paternità al grande statista inglese. Come non riconoscere lo spirito abrasivo e disincantato di Churchill in questa sentenza: “La stoffa del grande politico si riconosce da come sa spiegare il giorno dopo perché non si sono realizzate le previsioni del giorno prima?“.

Provi il lettore a filtrare il voto americano alla luce di questo aforisma e il risultato che se ne ricava è strabiliante: i giornalisti di mezzo mondo non sanno di avere, o se lo sanno non lo ostentano per modestia, la stoffa di grandi politici. Il titolo più sbilanciato verso Trump accreditava un risultato spalla a spalla con Kamala Harris. Alcuni sondaggi, come quello di Atlanta Institute, accreditavano Harris di un vantaggio nel voto popolare oscillante fra 2 e 3 punti percentuali. Ma quasi tutta la stampa, e il New York Times in testa a tutti, dava Harris vincente e in qualche caso di larga misura.

Possibile, viene da chiedersi, che nessuno si sia accorto della direzione in cui soffiava il vento? Che poi non era neppure vento, ma una vera e propria tempesta elettorale sotto cui sono finite le ambizioni di Kamala Harris e dei democratici. Quello che è accaduto sul piano dell’informazione meriterebbe uno studio approfondito da parte di massmediologi disincantati (il genere “neutrale” non esiste, in nessun campo di attività del pensiero). È mai possibile che nessuno si sia accorto che Donald Trump stava tornando ed essere plebiscitato come forse nessuno prima di lui, avendo vinto fra i grandi elettori e nel voto popolare?

Una vera e propria débâcle per l’informazione tradizionale. Troppo dietro ai sondaggi, si è detto, e i sondaggi, anche nel migliore dei mondi possibili, difficilmente sono fatti per deludere il committente. In America le cose forse vanno meglio che altrove, c’è da scommettere. Però fra i sondaggi chi ha mai considerato la possibilità di inserire le chat di X o di Facebook o di TikTok? In quelle piazze virtuali scorrono gli umori e i veleni di una massa per lo più anonima di utenti, persone imbufalite contro qualcuno o qualcosa, persone nascoste dietro un nick grazie al quale danno sfogo a una rabbia magari trattenuta in pubblico e sfuggita ai sondaggisti.

Ma come si potrebbe condurre un sondaggio su FB o su X? Impossibile. Però se i giornalisti avessero consumato le suole delle scarpe passeggiando tra la folla in estasi ai comizi di Trump forse avrebbero colto qualche indizio più robusto sull’onda emotiva in cui galleggia l’animo americano.

Anche in America l’informazione ha guardato il dito che indica la luna, così la notte fra il 4 e il 5 novembre ha scoperto la luna. Di più: ha scoperto l’altra faccia della luna. Un’informazione impigrita, che procede secondo schemi e categorie da tempo inservibili, ha preso ad assegnare il voto di questa etnia o di questa confessione ad Harris, di quell’altra etnia o di quell’altra Chiesa a Trump. Come se fosse possibile incasellare la realtà sulla base di una nomenclatura e dunque se latinos o portoricano deve aver votato così, se metodista ha votato colà, se urbano o rurale ha votato in questo modo.

La pigrizia può fare danni peggio della faziosità o partigianeria che sia. Tutti sono rimasti sorpresi, a cominciare da Harris, ma non Trump. Sono stati sorpresi opinionisti che con aria solenne pontificavano sulle ragioni che avrebbero dato la vittoria ad Harris. Gli stessi opinionisti, il giorno dopo, hanno spiegato perché Harris ha perso. Appunto, Churchill: aveva scrutato con la perizia dell’entomologo nell’animo umano descrivendone le debolezze, le fragilità in proporzione all’ambizione. Trump ha parlato alla folla, Harris ha parlato alle élites. Nessuno di loro ha pensato di rivolgersi al popolo, a quello che si ferma a riflettere.

Chissà se la stampa troverà tempo e modo di analizzare l’importanza della visita in Cina del presidente Mattarella e delle sue attestazioni di stima e amicizia, anche personale, con Xi Jin Ping. Forse una semplice coincidenza, visto che certi incontri si programmano con largo anticipo, ma il vertice italo-cinese viene amplificato se si svolge tre giorni dopo la vittoria di Trump, pronto alla guerra commerciale con Pechino.

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