Tav Torino-Lione: un voltafaccia francese sarebbe incredibile e costoso (soprattutto per Macron)

Massimo Colonna
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I finanziamenti comunitari alla Tav erano stati stanziati sulla base di un’altra analisi costi-benefici, quella del 2011, che fu firmata anche dall’Italia, e non c’era motivo di fare marcia indietro

Nel marzo del 2019, ai tempi del governo giallo-verde, in un bilaterale col presidente francese Macron il premier Conte espose l’Italia a una figuraccia internazionale chiedendo l’impossibile, ossia una revisione congiunta dell’Alta Velocità Torino-Lione: il bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea spiegava infatti molto chiaramente che la rinuncia a concludere l’appalto era possibile solo attraverso una libera scelta dei due Stati, e la Francia allora non aveva alcuna intenzione di interrompere l’opera, per di più in base all’analisi costi-benefici della commissione Ponti, ispirata dal luddismo dei grillini e redatta in spregio a tutti i parametri comunitari. Non a caso i finanziamenti comunitari alla Tav erano stati stanziati sulla base di un’altra analisi costi-benefici, quella del 2011, che fu firmata anche dall’Italia, e non c’era motivo di fare marcia indietro. “Quello della Tav è un problema italo-italiano”, commentò ironicamente lo stesso Macron.

La ferrovia Torino-Lione, lunga 235 chilometri, è un progetto europeo prioritario e una porzione del Corridoio 3 della rete centrale europea. Il costo complessivo previsto è di 8,6 miliardi. Fino dall’inizio dei lavori, è stato aspramente contestato dai no-Tav e ha subito anche negli ultimi mesi diversi tentativi di sabotaggio. Nella prima stesura del contratto Lega-Cinque Stelle era previsto che il Trattato sarebbe stato denunciato e poi azzerato. La bozza finale, poi, corresse decisamente il tiro sotto la spinta della Lega, e rimase solo l’impegno “a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. Poi prevalse il principio di realtà e Conte si arrese, visto che un eventuale stop alla Torino-Lione sarebbe costato all’Italia circa due miliardi di euro, più quasi due miliardi e mezzo di perdita dei contributi Ue.

Al termine di una serie di dichiarazioni tra loro contraddittorie, il punto finale lo mise il presidente francese: “Ho detto a Conte che abbiamo un accordo intergovernativo, dei testi internazionali, degli impegni che ci legano tra noi e ci legano all’Unione Europea. Non possiamo ignorarlo”. Quindi la Tav si doveva fare: “L’impegno della Francia sulla Lione-Torino è chiaro – concluse -e su questo non abbiamo dubbio alcuno”. Lo stesso Movimento Cinque Stelle, in un’interrogazione presentata al Senato “per ridiscutere l’opera nell’interesse dei cittadini italiani”, ammise che “lo Stato francese ha sempre manifestato la propria indisponibilità a ridiscutere l’opera, e con l’approvazione della legge sulla mobilità ha confermato la propria intenzione di procedere nella realizzazione della Tav”.

Per questo è molto sorprendente la rivelazione di Repubblica secondo cui Parigi intenderebbe realizzare una delle tratte di accesso della Tav in Francia soltanto dopo l’entrata in funzione del tunnel del Moncenisio, tra la fine del 2032 e l’inizio del 2033″, secondo un cronoprogramma elaborato dal Coi, il Conseil d’orientation des infrastructures, che sposterebbe addirittura al 2045 il completamento della tratta francese. Se si tratta di un nuovo capitolo del contenzioso che Parigi ha aperto con l’Italia lo scopriremo presto, alla Conferenza intergovernativa fissata per il 22 giugno a Lione. Ma la Francia oggi, come l’Italia ieri, non può permettersi di rinviare i lavori, perché è legata ad accordi con l’Italia e l’Unione Europea e subirebbe un danno grave in termini di penali e di credibilità. Quattro anni dopo, Macron darebbe infatti ragione a Conte con un incredibile voltafaccia. “Al di là degli insulti, delle polemiche e delle provocazioni che registriamo con stupore, siamo preoccupati dalle titubanze francesi a proposito di Tav – ha detto Salvini. Da Parigi ci aspettiamo chiarezza, serietà e rispetto degli accordi: l’Italia è stata ed è di parola, non possiamo accettare voltafaccia su un’opera importante non solo per i due Paesi ma per tutta Europa”.

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