Riformare la giustizia è un peccato mortale, e finora chi ci ha provato è sempre finito nel tritacarne degli attacchi politici della sinistra abbinati a feroci campagne di stampa. Il ministro Nordio, che già da magistrato aveva individuato e denunciato i mali della giustizia italiana, non fa certo eccezione, e ogni sua dichiarazione viene vivisezionata, distorta e strumentalizzata dal variegato fronte giustizialista. Ultima in ordine di tempo, l’accusa di voler favorire gli evasori strombazzata con titoli tonitruanti come “Nordio giustifica gli evasori”, oppure “Frase choc del Guardasigilli: anche l’imprenditore onesto non può pagare tutte le tasse”, o ancora: “Giustizia, ora Nordio vuole tagliare i processi per evasione fiscale”.
Ovviamente, nulla di più falso. In realtà il Guardasigilli si è limitato a fare una constatazione che tutti gli esperti di dichiarazioni dei redditi condividono: la nostra legislazione tributaria è talmente piena di ossimori che se un imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti per pagare fino all’ultimo centesimo le imposte non ci riuscirebbe perché comunque qualche violazione verrebbe trovata, visto che le norme si contraddicono. Nessuna apertura agli evasori, dunque, solo una descrizione della giungla di norme difficili da rispettare anche per il contribuente più onesto.
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In sostanza, Nordio ha detto che neanche l’imprenditore coscienzioso che arruoli i migliori commercialisti può essere sicuro di evitare guai col fisco, ed è veramente così: in decine di convegni sul fisco d’impresa i tributaristi hanno documentato le risposte difformi delle varie diramazioni territoriali dell’Agenzia delle Entrate su quesiti analoghi, e quello che è capitato a tanti che hanno usato patent box per vederselo poi contestare ex post con i relativi rischi penali. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la giustificazione dell’evasione fiscale: è l’effetto di un ordinamento tributario d’impresa spesso così incomprensibile da risultare aleatorio soprattutto per gli onesti. Solo chi è in malafede, dunque, può interpretare le sacrosante critiche di Nordio alle follie tributarie del nostro Paese come se fossero una difesa di chi non paga dolosamente le tasse, giocando maliziosamente sul verbo “non può” interpretandolo surrettiziamente come “non vuole”, invece che, come risulta da tutto il discorso del ministro, come “non riesce a”. Il problema è annoso, e nasce da una normativa ingarbugliata e da una politica che ha concorso a trasformare il Mef, e soprattutto l’Agenzia delle Entrate, in Repubbliche a parte, plenipotenziarie e sottratte a qualsiasi controllo, libere di interpretare a piacimento con note, circolari e risoluzioni schizofreniche regole di per sé già complesse.
Pagare le tasse è un dovere, ma è anche un diritto farlo in maniera semplificata, con la certezza che quello che si paga sia corretto. Fu lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, del resto, in audizione davanti alla Commissione bicamerale per la semplificazione fiscale, a riconoscere i problemi e le complicazioni determinati, ad esempio, dall’introduzione del nuovo sistema delle comunicazioni Iva. E’ arrivato dunque il momento di lanciare con urgenza un segnale che indichi la volontà forte e chiara di voltare pagina, per lasciare definitivamente alle spalle, con una vera semplificazione normativa, i disagi nati da una catena interminabile di errori, intoppi, inefficienze a tutti i livelli che operatori, professionisti e imprese hanno sperimentato sulla propria pelle. E’ la strada giustamente indicata da Nordio, ma il furore ideologico della stampa cosiddetta progressista sta facendo del ministro un bersaglio sistematico per delegittimarlo. Ma la realtà ha fortunatamente la testa più dura delle mistificazioni.
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