Noi e Londra

Keir Starmer, 61 anni, ha riposizionato il Labour Party un passo più in là di dove lo aveva lasciato Tony Blair, cioè forza di cambiamento, di innovazione economica e sociale, attento ad asciugare le ferite delle diseguaglianze e delle ingiustizie. Più Stato, ma più selettivo. Più libertà d’impresa, ma vigilata meglio. È la vittoria senza enfasi di un leader di testa. Ora gli inglesi vogliono scoprire se sa anche emozionare. Per i Tories la peggiore sconfitta da quando Robert Pell fondò il partito, nel 1832.

Jean-François Paul de Gondi
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Dal 1834, anno di nascita del partito per volontà di Robert Pell, mai il Tory Party aveva registrato una sconfitta tanto cocente. Rishi Sunak, premier uscente e ricco paperone della comunità finanziaria di origine indiana, è riuscito a perdere 2/3 dei parlamentari ridotti, a spoglio ancora in corso a circa 140. I laburisti, con circa 405 parlamentari, registrano il secondo miglior risultato dopo quello, storico, di Tony Blair che portò ai Comuni una truppa di 418 deputati. Ci sarà tempo nelle prossime settimane di capire meglio le linee di politica economica e sociale, gli aggiustamenti nelle relazioni con l’Unione europea e nelle politiche migratorie, che Kear Starmer sicuramente porterà nel governo.

Come si proietta il trionfo, perché di trionfo si è trattato, del Labour Party sui dossier caldi di queste settimane è questione che ha già chiarito il futuro premier. Nulla cambia per quanto riguarda l’Ucraina: Londra rimane saldamente al fianco di Zelenski e proseguirà la fornitura di armi e di assistenza finanziaria. Cambierà invece, e non di poco, l’approccio alle relazioni con l’Unione europea, rese faticose e confuse dai governi conservatori fautori della sciagurata Brexit del 2016. L’Inghilterra ha pagato prezzi socialmente crudeli per quella scelta voluta da un imbelle David Cameron, rassegnato ad assecondare le spinte populiste e radicali di Nigel Farage.

Starmer non potrà tornare indietro per la semplice ragione che troppi ponti sono stati tagliati alle spalle del Paese. Lui fu un avversario serio dell’uscita dall’Unione europea, ma all’epoca leader dei laburisti era Jeremy Corbin, anti-europeista e antisemita come mai prima si era visto nella classe politica e nella upper class britannica. Il nuovo premier ingaggiò una dura battaglia interna al Labour fino a isolare il radicalismo di Corbin e a decretarne la sconfitta. Corbin è riuscito a farsi rieleggere, ma come indipendente e fuori dal partito.

Che cosa può dire il voto inglese all’Italia e, soprattutto alla Francia, Paese quanto mai in bilico sull’orlo del precipizio populista di Le Pen? Può dire molto sul piano della strategia politica, molto poco, invece, sul piano dei contenuti. Va prima di tutto chiarito un punto: Starmer ha stravinto ma il populismo di Nigel Farage, per la prima volta eletto al Parlamento di Londra dove è entrato sulla scorta del 13%, risultato storico, è più che mai vivo. I sostenitori della Brexit sono vivi e combattivi e a farne le spese sono stati i conservatori. Starmer ha fatto una campagna elettorale in punta di piedi, non ha sollevato una sola polemica verso i suoi avversari. Si è mosso, secondo l’immagine coniata da François Mitterrand, come una “forza tranquilla”. Si è limitato a mostrare le macerie sociali in cui 14 anni di governi conservatori hanno ridotto il Paese. Non ha cavalcato il malessere sociale, profondo ed esteso come ben sa la middle class, ha invece illustrato un’agenda minima di governo: restituire efficienza al Nhs (National Health Service, il nostro Ssn), costruire 1 milione di nuove abitazioni per la working class; aumentare gli investimenti nell’istruzione pubblica; tassare più equamente senza più sconti le multinazionali. Un programma riformista a tutto tondo, senza sbavature o cedimenti al populismo, nessuna intenzione di “far piangere i ricchi”, come voleva uno slogan della sinistra radicale italiana alle elezioni del 2018.

Per tornare alla domanda: che cosa può dire la vittoria di Starmer all’Italia? Sul piano della strategia, la sua vittoria è un monumento alla chiarezza delle scelte politiche. Corbin fuori, fuori o neutralizzate le spinte antisemite (fra i primi a congratularsi con lui, il presidente israeliano Herzog). Nessuna intesa tattica con le forze minori, per la spartizione dei collegi (la desistenza è impossibile, perché si vota con un turno secco e viene eletto quello dei candidati che prende più voti). E qui si viene al punto: il sistema elettorale, il modello Westminster. In Inghilterra non esiste il potere assoluto, di nessuno: sia esso il premier o il Parlamento. Il premier ha il potere di sciogliere il Parlamento, purché l’atto rechi la controfirma del sovrano, atto puramente formale ma necessario. Nello stesso tempo, il Parlamento può sostituire il premier se non ne condivide la politica. Dal 2109 i conservatori hanno cambiato la bellezza di 5 premier: David Cameron, Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss (record di durata: 46 giorni), Rishi Sunak. Un vertiginoso cambio di premiership ha affossato l’immagine del partito e gli elettori hanno fatto presto due più due.

     Che cosa dice a noi il voto inglese? Primo: non abbiamo il voto maggioritario in collegi uninominali, e dunque le alleanze prima del voto sono una necessità. Secondo: se una coalizione si trova al governo può arginare con qualche successo le spinte populiste di qualche alleato. Se invece la stessa coalizione si trova all’opposizione, fatica molto a contenere le spinte demagogiche e populiste dello stesso alleato perché la competizione per i consensi travolge ogni regola, a partire da quella del buon senso. Una coalizione molto larga, chiamatela “campo” o come si preferisce, che 8n l’idea al suo interno tutto è il suo contrario, avrà vita breve una volta al governo. Nel 1996, Romano Prodi restò al governo fino al 1999, sostituito poi da D’Alema e Amato. Il populismo aveva all’epoca il volto di Fausto Bertinotti. Nel 2006 crollò dopo appena due anni. Larga o stretta, una coalizione senza un solido terreno comune è esposta al minimo soffio di vento. Vale a destra come a sinistra.

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