L’omicidio è un fatto moralmente riprovevole, penalmente perseguito, socialmente rilevante. È anche un peccato mortale? Lo è, e tale rimane anche se per una minoranza sempre più esigua di persone che professano una qualsiasi fede, in specie quella cristiana. Che cosa è che rende l’assassinio di una donna più grave dell’assassinio di un uomo? È la frequenza con cui si ripete nel tempo e sempre, senza eccezione, per mano di un uomo.
In Svezia, per dire, l’educazione sessuale è materia curricolare nelle scuole superiori. Perché quel Paese ha una percentuale di femminicidi superiore all’Italia e a molti altri Paesi europei? Che cosa dirà un insegnante ai ragazzi per spiegare che le persone, in specie se donne, non possono essere uccise? E gli spiegherà le ragioni per cui non “possono” o quelle per cui non “devono” uccidere? Fra queste ragioni è facile immaginare la riprovazione sociale, il processo e l‘inevitabile condanna e infine l’emarginazione temporanea dal consesso civile. Tutto questo c’è già, si conosce già, sia pure con un grado di consapevolezza molto soggettivo, il reticolo in cui resta ingabbiata la nostra vita rendendoci autori di un omicidio.
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L’omicidio di Giulia è responsabilità del patriarcato?
Il giovane Raskolnikov uccide la vecchia usuraia alla quale aveva chiesto un prestito, viene catturato dalla polizia, o meglio si autodenuncia, ma del processo e della condanna a sette anni in Siberia gli importa molto poco.
Quando incontra la giovane Sonja, però, scatta in lui una molla a lungo repressa, nascosta in qualche angolo della sua anima, che lo spinge a cercare la redenzione, a uscire dalla solitudine emotiva in cui lo aveva precipitato l’efferatezza del suo gesto. Era l’aridità del vivere, l’inferno in cui lo aveva condannato la sua condizione sociale, ad aver messo in subbuglio le sue coordinate esistenziali. Dostojevski era cristiano, non cattolico, ma cristiano e in lui erano radicati i concetti di peccato ed espiazione, di redenzione e di salvezza.
La povertà del nostro tempo è sotto i nostri occhi: essa si misura nella presunzione di spiegare con la fredda razionalità un evento tragico come l’assassinio di Giulia Cecchetin e rintracciarne la responsabilità nelle strutture patriarcali della società. Ci sta, la sociologia si prende la sua parte, è giusto. Ma qualcuno può davvero credere che modificate le strutture patriarcali, inserita l’educazione sessuale e affettiva fra le materie scolastiche si potrà costruire un nuovo ordine nelle relazioni umane e ridurre se non cancellare la vergogna del femminicidio? Se qualcuno lo pensa o anche solo lo adombra vuol dire che 105 donne sono state uccise invano dal primo gennaio 2023.
L’omicidio di Giulia conferma che l’umanità è ormai infranta
Se nel tempo che ci è dato l’umanità si è arrogata il diritto supremo di decidere l’alfa e l’omega della vita, cioè aborto ed eutanasia vissuti come diritti soggettivi, eradicati da ogni relazione emotiva con le altre persone, gesti gratuiti, avrebbe detto Albert Camus, in che cosa l’assassinio di Giulia scuote il nuovo ordine morale? Forse nella sua mancanza di volontà di essere uccisa o nell’oggettività di una decisione presa contro di lei dal suo assassino?
Giorgia Meloni ha annunciato che mercoledì al Senato si discuterà il rafforzamento del Codice Rosso, la legge a firma della ministra Roccella per potenziare e velocizzare le misure preventive e cautelari nei casi di femminicidio, e già approvato alla Camera a settembre di quest’anno. “Non solo siamo pronti al dibattito con le opposizioni sul tema dei femminicidi, ma l’abbiamo sempre cercato: non a caso la legge contro la violenza sulle donne è stata votata in aula all’unanimità”, ha ricordato Roccella.
La stessa unanimità non potrebbe più esistere, dopo che si è infranta all’inizio del secolo scorso, sul riconoscimento della dimensione spirituale della vita umana. L’assassinio come “peccato” contro la bellezza, l’unicità e l’irripetibilità della vita è sparito dall’orizzonte morale del nostro tempo. Esso appartiene a un passato considerato oscuro e miserevole e per questo espulso dal quadro dei valori. Se molti ritengono che con l’omicidio di Giulia sia stato soppresso un ammasso casuale di cellule e di processi chimici, in cos’altro dovrebbe consistere la colpa del suo assassino se non nell’aver turbato quell’equilibrio chimico?
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