Funerali da vivi: il trend che batte lo stigma della morte

Il funerale come celebrazione della vita diventa l'occasione perfetta per rovesciare il proprio amore su tutte le persone per noi importanti; l'estremo saluto viene anticipato, così da permettere a chi non potrà esserci di scoprire ciò che normalmente dovrebbe rimanere segreto: chi verrà al mio funerale e cosa dirà di me?

Laura Laurenzi
6 Min di lettura

Perché attendere di non esserci più per partecipare al proprio estremo saluto, all’ultimo giorno in cui il nostro corpo sarà esposto alla luce del sole e non alla freddezza della terra? Questa è la domanda che in molti nel mondo si sono posti, facendo nascere una nuova tradizione, quella dei funerali da vivi. Un modo per autocelebrarsi prima della propria scomparsa e forse anche per scoprire ciò che probabilmente non dovremmo mai sapere: chi verrà al mio funerale e cosa diranno di me?

Una sorta di terapia d’urto con la quale le persone tentano di superare lo stigma della morte e il panico esistenziale che la paura della morte scatena. Non c’è niente di più spaventoso di ciò che non possiamo controllare e soprattutto nulla ci spaventa di più dell’ignoto, quindi perché non gestire personalmente l’ultimo viaggio della nostra vita, l’ultima volta che tutti coloro che ci conoscono possono salutarci.

Funerali da vivi, la regola non scritta

Non mi ero reso conto dell’impatto che ho avuto sulla vita di chi mi ha conosciuto“, ha confessato il 33enne Rob al Guardian dopo aver celebrato il suo funerale da vivo. “Volevo salutare tutti per l’ultima volta e l’idea di non ascoltare tutte le cose belle che avevano da dirmi non mi piaceva affatto. Ho quindi deciso di organizzare un funerale anticipato, con un centinaio di invitati“, ha spiegato l’uomo, a cui era stata diagnosticata una leucemia ormai terminale.

Il consiglio che mi sento di dare a chi ha ricevuto una diagnosi come la mia è di fare più esperienze possibili e di creare ricordi – ha continuato l’uomo – e un funerale anticipato è un buon modo per crearli“. Soprattutto è un buon modo per creare un ricordo che normalmente non sarebbe possibile avere.

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La regola non scritta dei funerali che garantisce il buonismo

Parole e confessioni che in situazioni normali non vedrebbero mai la luce del sole, una sorta di buonismo che improvvisamente diventa un obbligo. Una regola non scritta che ci impone di dire solo cose buone, positive e commoventi davanti ad una bara o a un parente in lacrime. Il funerale è una celebrazione della vita a cui però non siamo invitati, perché altrimenti la facciata del buonismo cadrebbe rovinosamente e la realtà dei fatti ci colpirebbe troppo forte.

Il funerale da vivi, un’ottima idea?

Quindi, perché costringere parenti e amici a vivere in anticipo il giorno della nostra dipartita sembra improvvisamente indispensabile? Forse perché l’idea di essere celebrati è accattivante e la formula tradizionale dei funerali ci garantisce solo complimenti e lodi, soprattutto per il piccolo particolare che nella bara non c’è un morto, ma una persona viva che ascolta e giudica.

Funerali da vivi: una celebrazione all’insegna del buonismo

La mia celebrazione della vita è stata una cascata di sentimenti d’amore, mi sono sentita fortunata ad avere così tante persone che mi amano“, ha raccontato Claire che ha deciso di organizzare in anticipo il suo funerale, senza però chiamarlo con il suo nome. Una “celebrazione della vita” che ha visto protagonisti i suoi parenti e amici che si sono cimentati in discorsi strappalacrime per ricordare e festeggiare la vita di Claire.

Un tripudio di emozioni che non ha lasciato spazio alla tristezza, che ha permesso alla donna di scoprire ciò che le persone più importanti della sua vita pensano di lei e soprattutto di dimostrare ai presenti ciò che questi hanno realmente rappresentato per lei. Anche in questo caso sorge lo stesso dubbio: perché attendere il momento della morte per celebrare la vita? L’idea di poter morire da un momento all’altro ci scaraventa nel baratro dell’incertezza.

Nascono in noi dubbi che non riguardano solo l’ignoto del ciò che verrà dopo, ma anche la paura che la propria vita non sia stata abbastanza, che il tempo che si ha avuto a disposizione non sia affatto bastato. Ho vissuto al massimo? Ho realizzato tutto ciò che per me era importante? Chi mi ama sa di essere ricambiato da me? E qui entra in gioco la folle corsa ai saluti, al ricordo e alla buone azioni, per assicurarsi che chi tiene a noi sia felice di averci amato.

Un funerale da vivo può sembrare quindi l’occasione giusta per rovesciare su chi conosciamo tutto l’amore che abbiamo trattenuto in vita. Il terrore di sbilanciarci troppo svanisce e improvvisamente l’affetto dato e ricevuto non sembra più sufficiente. La paura ci fa tornare bambini e per la prima volta esporsi e mostrare la propria vera natura non sembra più esagerato. La facciata è caduta, il buonismo rimane, ma per una volta siamo tutti felici e l’amore trionfa.

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