Elezioni americane: tra Biden e Trump una partita alla meno

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“Corro perché in gioco c’è la democrazia. Trump vuole distruggere la nazione”. Con queste parole Joe Biden, durante un evento di raccolta fondi a New York, ha di fatto confermato la sua ricandidatura alle presidenziali del 2024. E sulle critiche legate all’età, ha risposto: “Molti sembrano concentrati su questo, ma io ho saputo cosa fare quando il Covid ha colpito, quando l’Ucraina è stata attaccata e quando la democrazia era in gioco”, accusando i repubblicani di Trump di volersi inchinare ai dittatori come Putin”. Dunque Biden sarà in campo per “salvare la democrazia americana”. Mentre sull’altro fronte Trump è in netto vantaggio sui competitor interni per le primarie, che sembrano tante meteore, come Ron De Santis, ormai scivolato molto indietro nei sondaggi.

Salvo colpi di scena politici o giudiziari – visti i guai incrociati dopo l’impeachment del presidente con l’accusa di aver coperto gli illeciti del figlio Hunter – la corsa per la Casa Bianca del 2024 sembra destinata ad essere un remake del 2020, cioè una sfida tra Biden, che avrà 81 anni, e il settantottenne Donald Trump. Un derby della terza età, insomma, per guidare la più grande democrazia del mondo, nonostante che in un sondaggio di Nbc News il 60% degli americani si sia detto contrario alla ricandidatura di Trump, con una leggera prevalenza anche fra i repubblicani, e il 70% mostri pollice verso di fronte all’ipotesi di un secondo mandato di Biden. Il quale, salute permettendo, tra un anno invece rappresenterà i Democratici nella temibile sfida contro il ciclone Trump, dato peraltro in rimonta rispetto al rivale, che naviga in pessime acque in quanto a gradimento della sua presidenza: solo il 43% assegna un voto positivo, anche se i fondamentali dell’economia sono solidi e il tasso di disoccupazione è al minimo storico da mezzo secolo.

Sia tra i Democratici che tra i Repubblicani serpeggia il malumore di fronte al riproporsi della sfida del 2020: le gaffes di Biden sono ormai più frequenti che proverbiali, e alla Casa Bianca si è portato una palla al piede chiamata Kamala Harris, una vicepresidente che in quanto a gaffes non ha nulla da invidiare al suo capo e ha scontentato anche i sostenitori che salutarono la sua nomina come una benedizione dal cielo. Ma il fatto di essere donna e di colore la rende di fatto insostituibile, anche se fa tremare le vene ai polsi l’ipotesi che in caso di impedimento di Biden tocchi a lei diventare presidente.

Sul fronte repubblicano, la contrarietà a ripresentare Trump, dopo la sua scomposta uscita di scena di tre anni fa che aprì la strada all’assalto al Campidoglio è tanto diffusa quanto sotto traccia. L’ala istituzionale del partito gli attribuisce la colpa delle ultime sconfitte e di aver impedito, appoggiando candidati impresentabili, la conquista del Senato alle elezioni di mid-term di un anno fa. Ma chi spera nelle sue disavventure giudiziarie è probabilmente destinato a restare deluso, visto che finora è accaduto l’esatto contrario: dopo ogni incriminazione Trump infatti ha sempre saputo rilanciare, mostrando di essere un grande combattente. Si va verso la ripetizione del match tra Joe e Donald, dunque, anche se non siamo al Madison Square Garden ma in un mondo sottosopra che avrebbe bisogno di una leadership salda e autorevole nel Paese guida dell’Occidente. Cosa che né Biden né Trump sembrano in grado di assicurare.

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