Draghi e la junior partner : “L’Europa cambia o muore”

Gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 erano un'entità infinitesima rispetto al fabbisogno previsto da Draghi

Maurizio Bianconi
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L’Unione Europea fu il risultato di un percorso che ebbe molti animatori, primo fra tutti Mario Draghi. L’idea del finanziarismo globale, della competitività assoluta, le riduzioni di sovranità dei singoli stati, le crisi programmate, il sostegno al feticcio della stabilità, l’idea di crescita misurata con il P.I.L., l’affidamento del diritto di emissione a una banca privata e mille altri marchingegni sono opera soprattutto sua.
Mario Draghi è sostenitore di tutti i presídi che avrebbero dovuto ‘fare grande l’Europa’.

Non è andata così, come dice lui l’Europa è ” più piccola e più povera’. Le idee che ha rappresentato hanno contribuito al massacro della vitalità produttiva di molti paesi compreso il nostro senza che le previste ‘resilienze’ abbiano neppure sfiorato i target previsti. Hanno remato contro le previsioni un numero non modesto di fattori fra i quali i costi energetici folli le spinte belliciste e le speculazioni selvagge, l’intervento inaspettato e preponderante della Cina nei mercati che ha scombinato i piani e fatto precipitare l’utopia di un benessere fondato sulle fatiche altrui. I popoli si sono resi conto prima del previsto della sorte che era loro riservata.

Il mainstream propagava la convinzione che la cancellazione degli ‘ egoismi nazionali’ e dell’economia parcellizzata non avrebbe consentito balzi indietro .Specialmente in un pianeta globalizzato e sotto una sola regìa. Le regìe sono perlomeno due e quella imprevista, sta avendo la meglio sia pur in scenari dove anche l’oriente talvolta balbetta. Dopo un anno di riflessioni Draghi consegna un report, commissionato da una submitted politics, dove dichiara ” L’Europa cambia o muore ”.

Non è una confessione di responsabilità .A Draghi e c. interessa variare gli step non l’obbiettivo che rimane il medesimo. Prende atto del fallimento, e come se avessero sbagliato gli altri, sciorina cosa si dovrebbe fare e quanto si dovrebbe spendere.
Draghi dipana il piano B :travestito da agnello redento il primo responsabile del disastro si propone come il salvatore. Usa il medesimo sistema : si fanno intravedere i baratri, i pericoli, le insidie. Poi si enfatizza l’inefficienza del sistema, si danno nuove indicazioni. Obbiettivo, il solito: trionfo di speculazione e finanza, avvento definitivo della postdemocrazia.

Si legge ‘Il fabbisogno finanziario necessario all’Ue per raggiungere i suoi obiettivi è enorme, sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui.’ Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 erano un’entità infinitesima rispetto al fabbisogno previsto da Draghi. Per dirla semplice, per rimettere in carreggiata un’Europa distrutta dilaniata con milioni di morti e senza neanche un’opificio in piedi, con sconfitti e vincitori alla fame ci vollero risorse neanche paragonabili a quelle necessarie a riparare i danni provocati da Draghi e c. I paesi membri erano stati sollecitati a avvalersi delle dazioni a debito per l’ 80% ( piano per la resilienza)sostenendo che erano le somme necessarie e sufficienti per rialzare la testa. Bufala epocale.

I nuovi esborsi sarebbero a carico della BCE mediante rilascio di bond europei. Con il risultato di privare gli stati di ogni autonomia e sovranità e di farli debitori ab aeterno di banche e speculatori. La Germania consapevole della trappola, che più volte come stato leader Ue aveva applicato in proprio a danno di altri stati (vedi Grecia per tutti)ha fatto maramao. L’evidenza dell’inghippo e della crisi postdemocratica potrebbe portare molti stati a posizioni di progressiva riassunzione di sovranità.
Non certo l’Italia, che ha dato favorevole esito al piano sia con la maggioranza dell’ l’opposizione che con Fdi e Fi.Si è fatto di più: si è invitato il ‘vile affarista’a Palazzo Chigi per coordinarsi e avere istruzioni.

C’era chi da subito aveva compreso la politica e gli intendimenti di Giorgia Meloni. Opposizione ‘del re’ prima, fedele partner dopo, magistra magna cum laude nel dire una cosa e farne un’altra. Come in un western di maniera si scopre quello che gli spettatori avveduti avevano compreso dall’inizio: lo sceriffo che avrebbe dovuto sgominare i predatori in realtà è il capo dei banditi, o meglio il suo vice. Da underdog a underprotection o se si preferisce a junior partner.

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