Dissesto idrogeologico: perché chiudere “Italia Sicura” è stato un errore grave

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Se “Italia Sicura” oggi fosse stata ancora in funzione avrebbe risolto tutti i problemi? “No – risponde Matteo Renzi – ma ora l’Arno a Firenze e il Bisagno a Genova fanno meno paura”

Renzi fa sicuramente anche un po’ di propaganda quando accusa Conte di aver chiuso in una notte l’unità di missione “Italia Sicura”, creata dal suo governo nel 2014 per sbloccare fondi e cantiere delle opere anti-dissesto idrogeologico, ma è un dato di fatto che dopo le cose sono andate peggio. A “Italia Sicura”, coordinata da Erasmo D’Angelis, furono affidati compiti straordinari e il coordinamento di tutte le strutture dello Stato per trasformare in cantieri oltre 2,4 miliardi di euro non spesi dal 1998 ad allora per ridurre gli stati di emergenza territoriali. Se quella struttura oggi fosse stata ancora in funzione avrebbe risolto tutti i problemi? “No – risponde Renzi – ma ora l’Arno a Firenze e il Bisagno a Genova fanno meno paura”. Mentre col Misa a Senigallia è avvenuto un disastro annunciato. Da qui la richiesta al governo di ripristinare l’unità di missione. Un impegno che il governo ha assunto nel dicembre scorso dando parere favorevole a un ordine del giorno di Italia Viva approvato a larga maggioranza, col solo voto contrario dei Cinque Stelle. La capogruppo Paita ha ricordato che Genova “è la testimonianza di quanto ha funzionato bene Italia Sicura. Abbiamo messo in sicurezza uno dei fiumi più pericolosi d’Italia, il Bisagno, salvando vite umane. E lo abbiamo potuto fare perché c’era quella struttura di missione, poi smantellata da Conte”. Serve dunque una struttura che garantisca investimenti costanti e stabili sulla messa in sicurezza del territorio, e l’emergenza in Emilia Romagna dimostra che il tempo dei rinvii è finito.

ERASMO DANGELIS ITALIA SICURA
ERASMO D’ANGELIS, ITALIA SICURA

Cosa faceva “Italia Sicura” e quali risultati ha prodotto? Prima di tutto svolgeva un lavoro di integrazione di competenze dei ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture, dell’Agricoltura, dei Beni culturali, dell’Economia, e poi anche delle Regioni e di altri 3600 enti sul tema delle opere di contrasto al dissesto idrogeologico. Le opere di cui si prevedeva la costruzione nell’arco di 15 anni erano più di novemila per un costo di circa 27 miliardi di euro. Solo un migliaio però, al momento della chiusura, avevano già il progetto esecutivo e risultavano immediatamente realizzabili, mentre quasi settemila erano ferme al progetto preliminare o allo studio di fattibilità. Dei 27 miliardi ce n’erano però solo 10 già stanziati, mentre il resto era ancora da reperire.

Per i Cinque Stelle, però, “Italia Sicura” era da annoverare tra gli enti inutili: in audizione al Senato il ministro dell’Ambiente grillino Costa disse che il contrasto al dissesto idrogeologico rientrava tra le sue priorità, ma che per mettere in campo le azioni di prevenzione del rischio idrogeologico il modo migliore era riportare il capo al ministero la diretta competenza sulla questione “evitando gli ulteriori costi per la finanza pubblica richiesti dalle strutture create ad hoc dai precedenti governi”.

Ma, col senno di poi, non fu una scelta felice quella di chiudere una task force governativa che in soli quattro anni aveva dato un forte impulso alla messa in sicurezza del nostro territorio aprendo 1445 cantieri per complessivi 1,4 miliardi di finanziamenti. La lotta per ridurre i danni di frane e alluvioni, nel momento in cui l’Italia è sempre più soggetta ad eventi estremi, è fondamentale, visto che secondo Legambiente nelle aree a rischio vivono o lavorano 7,5 milioni di cittadini e che nel 70% dei Comuni in zone fragili si trovano abitazioni, nel 27% interi quartieri e nel 15% scuole e ospedali. Negli ultimi tre anni i danni causati dal maltempo sono stati quantificati in quasi otto miliardi di euro. A cui vanno aggiunti quelli enormi, e ancora da calcolare, della disastrosa alluvione in Emilia Romagna. Dunque: occorre fare un salto di qualità perché servono infrastrutture di difesa per adattarci al clima che ormai è radicalmente cambiato, facendo saltare tutti i calcoli previsionali delle alluvioni. Ripartire da “Italia Sicura” potrebbe essere una buona idea.

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