Antonio Polito sul Corriere della Sera scrive: “In Europa i vincoli internazionali della finanza e dei mercati, le decisioni che vengono prese a Bruxelles o a Francoforte, restringono i margini di azione della politica nazionale e costringono i partiti a occuparsi di altro per darsi un senso”
Sembra un’osservazione che corre sui binari dell’ovvietà. Invece è lo scrimine fra democrazia e post democrazia, fra libertà e sudditanza.
Di fatto si dà atto con nonchalance che il Risorgimento e tutto quello che è costata la conquista dell’indipendenza e della democrazia sono finiti nel buco nero del passato da dimenticare.
L’ articolo 49 della Costituzione dice: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Oggi si legge che i partiti sono costretti “a occuparsi di altro per darsi un senso“. Cancellato in un colpo solo l’articolo 49,architrave del sistema.
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Secondo Polito il gioco, sia pur “occupandosi d’altro” è ancora fra destra e sinistra. L'”altro” di cui occuparsi sarebbero i principi etici. Con la consueta noncuranza spiega che “la lotta politica si sta ormai caratterizzando sempre più come “guerra culturale”, scontro di psicologie e di valori, e sempre meno come conflitto sociale tra interessi e classi. Una polarizzazione di tipo nuovo si ridefinisce intorno al solco che divide élites liberali e progressiste da una parte (sinistra, n.d.r.) e non-élites conservatrici e tradizionaliste dall’altra (destra, n.d.r.).”
Forse non molti si ricorderanno de “La Vecchina”, il surrogato del caffè più noto in anni non prossimi. “La Vecchina” era una miscela di cicoria, legumi, ghiande tostate, orzo, malto, surrogato in commercio al posto del caffè, da quando le sanzioni internazionali degli anni ‘30 del secolo scorso e in seguito per decenni la miseria, impedivano la diffusione e la vendita generalizzata del caffè originale. Polito fornisce anche gli ingredienti de “La Vecchina” postdemocratica, il surrogato della dialettica democratica originale. Il quadro postdemocratico diviene chiaro: un Italia le scelte politiche ed economiche sono decise altrove (Bruxelles, Francoforte) e da altri enti (economia e finanza).
Tuttavia la lotta politica si svolge ancora fra destra e sinistra, ma su questioni non originali della politica ma surrogati riguardanti divisioni etiche e di principi. Potremmo dire “di religione”.
Il dato umano, quello estraneo agli algoritmi e all’intelligenza artificiale rovina un po’ lo scenario. Dice Polito: “La democrazia si è dimostrata nel dopoguerra un sistema molto adatto a mediare e istituzionalizzare il conflitto di classe, evitando che degeneri in forme estreme. Ma non è detto che sia in grado di assorbire senza traumi violenti questo nuovo tipo di scontro potenzialmente più radicale, perché basato su emozioni e sentimenti, su furia e rabbia, su concezioni della vita, antropologia e psicologia degli individui… la virulenza moderna di questa guerra culturale è ben più preoccupante”.
Forse memore di Voltaire e della storia, pone un quesito non da poco. Insomma, la toppa sembra peggiore del buco. La narrazione di Polito è funzionale a una società rassegnata all’usurpazione dei propri diritti fondamentali ed è il perfetto contrario di quanto è in gioco. Certo, esistono destra e sinistra e magari hanno le sembianze mutate, come sottintende Polito e come dice in chiaro Ricolfi.
Ma è una divisione di comodo o di analisti un po’pigri della postdemocrazia. La divisione reale della politica e della società, la lotta è fra universo postdemocratico e quanti intendono sottrarsene e vorrebbero combatterlo in nome di una reale democrazia (neodemocrazia), contrari al globalismo toutcourt, al finanziarismo, a questo mondo dove la quantità prevale sulla qualità e una sparuta minoranza sempre più potente e ricca domina e impoverisce tutti gli altri, sempre più privati di benessere, diritti, spazi, speranze, cultura di comunità. Il fronte postdemocratico va da Meloni a Schlein e oltre e ha anche un complice di riguardo al Quirinale.
Costoro di fatto rappresentano le varie anime del medesimo partito e stanno al gioco del surrogato: “La Vecchina” della politica . Dall’altra parte ci sono milioni e milioni di italiani che non votano o elettori rassegnati al meno peggio. Popolo che protesta in silenzio e ancora non ha voce. Popolo che non auspica in guisa marrana l’avvento di un nuovo messia magari con le stellette, ma che neppure è disposto ad avallare mostruosità mortifere spacciate per verità.
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