La commissione Covid non è lesa maestà ma un’operazione di trasparenza

Ci sono aspetti politici che il Parlamento ha il dovere di chiarire, ed è ingiustificato che Conte e Speranza gridino allo scandalo

Beppe Santini
5 Min di lettura

L’inchiesta giudiziaria di Bergamo sulla gestione delle prime settimane della pandemia si è conclusa con l’archiviazione nei confronti dell’allora premier Conte del ministro della Salute Speranza. Giusto così. Ma ci sono altri aspetti “politici” che il Parlamento ha il dovere di chiarire, ed è quindi ingiustificato che gli stessi Conte e Speranza gridino allo scandalo in nome di una presunta lesa maestà. Dunque è una buona notizia che l’aula della Camera abbia dato il prima via libera alla commissione bicamerale di inchiesta sull’emergenza Covid. Il testo passa ora all’esame del Senato per l’ok definitivo. Partiamo da un dato di fatto inconfutabile: quando la pandemia era ancora solo un allarme, il premier andò in tv assicurando che “l’Italia sul fronte del Covid era il Paese più sicuro d’Europa”. Ebbene: nonostante la straordinaria professionalità di medici e infermieri, l’Italia alla fine è risultata il Paese al mondo col peggior rapporto tra popolazione e decessi per Covid.

Commissione Covid, l’uso sistematico dei dpcm

Andiamo avanti: la dichiarazione dello stato d’emergenza consentì a Conte di limitare la libertà degli italiani bypassando il Parlamento attraverso l’uso sistematico dei dpcm ed eludendo anche, sistematicamente, la funzione di garanzia del presidente della Repubblica. Palazzo Chigi agì in base ai poteri eccezionali previsti dall’articolo 78 della Costituzione solo ed esclusivamente per lo stato di guerra, che deve essere deliberato dalle Camere. Quindi il governo si mosse al confine dei limiti della legalità costituzionale, ma le obiezioni furono poche, perché c’era l’attenuante oggettiva di una terribile crisi sanitaria causata da un virus sconosciuto, e si doveva quindi agire in stato di necessità. Ma una valutazione politica su quegli eventi è comunque doverosa.

I misteri della missione “Dalla Russia con amore”

Ed è quasi un obbligo fare piena luce sui misteri della missione “Dalla Russia con amore”, concordata direttamente da Putin con l’allora premier Conte, che fece sbarcare all’aeroporto di Pratica di Mare tredici quadrireattori Ilyushin con a bordo 72 militari, 28 medici e quattro infermieri, tra i quali due illustri virologi. Una delegazione quantomeno anomala, guidata dal generale Sergey Kikot, vicecomandante del reparto di difesa chimica e batteriologica dell’esercito russo, già inviato in Siria e incaricato difendere il presidente Assad dall’accusa di aver usato i gas contro i civili a Ghouta. Il fatto che aerei russi potessero atterrare in un aeroporto militare di un Paese della Nato provocò preoccupazione e sconcerto fra i nostri alleati, e resta tuttora sospesa la domanda sul perché, per avere trenta ventilatori e poche mascherine in più – come ammise lo stesso governo rispondendo a un’interrogazione parlamentare – si accettò di accogliere una spedizione zeppa di militari che facevano parte del servizio segreto delle forze armate russe, e che a bordo di 25 camion girarono per due mesi indisturbata per mezza Italia.

Una missione “anomala da ogni punto di vista”

Quali erano i loro compiti effettivi, e come mai fu l’Italia ad accollarsi le spese di vitto e alloggio, oltre che di trasporto, di quella strana missione? Strana sia per la composizione, sia per le regole d’ingaggio, oltre che per il fatto che l’Italia proprio in quei mesi era oggetto di ripetuti attacchi cibernetici ordinati da Mosca contro infrastrutture sensibili pubbliche e private, segnalati peraltro tempestivamente dalla nostra intelligence per mettere in guardia il governo da una strategia offensiva volta a destabilizzare il Paese. Il generale Portolano, che nel marzo del 2020 guidava il Comando operativo interforze e dovette trattare direttamente coi vertici della spedizione russa, definì quella missione “anomala da ogni punto di vista”.

Commissione Covid, spese e sperperi

Altro capitolo: le spese e i possibili sperperi. L’aver operato in una situazione di estrema emergenza può costituire una giustificazione parziale, ma i miliardi impiegati per milioni di mascherine fuori norma e respiratori malfunzionanti importati dalla Cina, oltre che per gli inutilissimi banchi a rotelle, meritano che sia fatta piena luce, anche in sede parlamentare, su come sono stati utilizzati i soldi degli italiani nel periodo più tragico della storia repubblicana”.

© Riproduzione riservata

Condividi questo Articolo