Codice rosso rafforzato, ma servono più risorse per farlo funzionare

Ma, va detto con chiarezza, prima di varare nuove norme punitive, bisognerebbe prima di tutto applicare quelle esistenti e disporre di un apparato idoneo per rafforzare le misure di protezione delle vittime

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Ieri la Camera ha approvato in via definitiva la legge che rafforza le norme del Codice rosso introducendo nuove fattispecie di reato, inasprendo le pene per quelli già esistenti e migliorando le procedure di tutela per le donne che vivono situazioni a rischio. Viene anche prevista una stretta sui tempi per l’inizio del procedimento penale di fronte a reati come stalking, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale: entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, il pm deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato e si allungano da sei a dodici mesi i tempi per sporgere denuncia.

Per quanto riguarda il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima – misura sistematicamente violata – il giudice può predisporre il ricorso al braccialetto elettronico, e questo vale anche nei confronti del coniuge o del convivente violento.

Governo e Parlamento corrono dunque ai ripari dopo l’escalation di femminicidi registrata anche quest’anno: una donna uccisa ogni tre giorni è una deriva inaccettabile, ed è ugualmente inaccettabile considerare una fatalità questa scia di sangue che non si ferma nonostante che l’Italia abbia migliorato il suo apparato legislativo prima grazie alla riforma del diritto di famiglia e al recepimento della Convenzione di Istanbul, poi al Codice rosso e all’introduzione di nuovi reati come lo stalking, il revenge porn e il matrimonio precoce. Ora, l’obiettivo di questa nuova stretta è quello di potenziare la prevenzione per evitare che i cosiddetti “reati spia” possano degenerare, come purtroppo molto spesso accade, in fatti più gravi, fino all’omicidio.

Ma, va detto con chiarezza, prima di varare nuove norme punitive, bisognerebbe prima di tutto applicare quelle esistenti e disporre di un apparato idoneo per rafforzare le misure di protezione delle vittime, soprattutto di chi ha il coraggio di denunciare, garantendo finanziamenti adeguati ai centri antiviolenza e alle case rifugio.

Il Codice rosso fu approvato in modo bipartisan, e ritenuto una svolta decisiva per fermare la spirale di violenza contro le donne, ma non ha raggiunto l’obiettivo perché in troppi casi le Procure, non per cattiva volontà ma a causa degli organici ridotti, non hanno ascoltato le persone offese entro i tre giorni previsti dalla legge, e c’è stato anche l’inciampo della riforma Cartabia, che conteneva una palese incongruenza tra l’introduzione dell’obbligatorietà dell’arresto in flagranza per la violazione dell’avvicinamento alla persona offesa e la mancata modifica delle norme sull’applicabilità delle misure cautelari personali, cosa che per mesi ha obbligato l’autorità giudiziaria all’immediata liberazione degli arrestati.

Ora le nuove norme prevedono più misure cautelari, più braccialetti elettronici e una formazione più rigorosa degli operatori impegnati sul fronte anti-violenza: il Parlamento ha fatto la sua parte, ora spetta al governo mettere gli uffici giudiziari in condizione di rendere la legge effettiva, con tutte le difficoltà del caso, perché le risorse a disposizione nella prossima legge di Bilancio sono poche. Ma la spirale degli ultimi mesi ha confermato che la violenza sulle donne è una priorità, e quindi è urgente intervenire in modo più efficace su un quadro drammatico di violenze familiari continuate, di denunce inascoltate, di carenza nella protezione delle vittime e di sottovalutazione del rischio, nella consapevolezza che la necessaria operazione culturale sui ragazzi per formare una generazione più consapevole dei diritti delle donne non potrà produrre che frutti lontani.

C’è, insomma, un imperativo categorico: perché la nuova legge funzioni deve avere solide basi finanziarie, e il Pnrr italiano potrebbe essere lo strumento decisivo per arrivare a una svolta: è stato un errore il rinvio ad azioni specifiche nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, bisognava agire come Spagna e Portogallo, che nei loro piani nazionali di ripresa hanno previsto misure specificamente rivolte alla violenza di genere. Utilizziamo allora, subito, i beni confiscati alle mafie per favorire l’inclusione sociale delle donne vittime di violenza per rendere stabili nel tempo i finanziamenti.

Più misure cautelari, più braccialetti elettronici e più formazione degli operatori sono tutte misure che vanno nella giusta direzione, indicata peraltro sia dalla Procura generale della Cassazione che dagli avvocati dei centri antiviolenza, ma bisogna fare in modo che questa nuova stretta non abbia l’esito fallimentare delle precedenti.

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