E’ indubbio che ogni episodio storico abbia una sua specificità, ma quando un popolo invaso lotta per la sua libertà non ha senso fare distinzioni speciose, come se esistessero Resistenze di serie A e di serie B
Un anno fa, alla vigilia della guerra in Ucraina, tutti o quasi gli esperti di geopolitica davano per certo che quella di Putin era una dimostrazione di forza volta esclusivamente a consolidare le posizioni acquisite nei territori occupati. Rileggere le cronache di allora è molto istruttivo per comprendere il filo rosso che ha sempre legato il putinismo italiano al Verbo di Mosca. Basta confrontare la consonanza dei contenuti e perfino dei toni sarcastici di certe dichiarazioni. Ad esempio, Peskov, l’ineffabile portavoce di Putin, sostenne quattro giorni prima dell’inizio dell’operazione speciale che “a tutto pensano i russi fuorché fare un’invasione dell’Ucraina stile Praga o Budapest”, che “la Russia non ha attaccato nessuno nella storia…” e che “siamo l’ultimo Paese in Europa che vuole anche solo parlare di guerra”. Nelle stesse ore il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio denunciava su Twitter “l’ennesima fake news americana dell’invasione russa dell’Ucraina (ancora rinviata causa bel tempo)”. Una saldatura ideologica, trasversale in settori della destra e della sinistra, che né le smentite del campo di battaglia, né le immani perdite da entrambe le parti, né i massacri di civili, né la scoperta delle fosse comuni, né i sistematici bombardamenti sulle città sono mai riusciti a scalfire. Tanto che oggi lo stesso Fatto quotidiano ha lanciato la raccolta di firme per il referendum “contro gli armamenti a Kiev”, con un tonitrueggante Moni Ovadia che proclama: “Adesso la maggioranza pacifista degli italiani può dire finalmente la sua”.
Che questo referendum venga lanciato alla vigilia del 25 aprile da un quotidiano sempre in prima linea per denunciare le ambiguità della destra sul valore della Resistenza può sembrare una contraddizione, ma purtroppo non lo è, perché fa parte di quella corrente di pensiero secondo cui il paragone tra la Resistenza partigiana e quella ucraina è “un falso storico e una mistificazione politica” del cosiddetto partito unico guerrafondaio. E’ la linea dettata dall’Anpi, che detta legge su chi è legittimato o meno a partecipare all’anniversario della Liberazione. E’ indubbio che ogni episodio storico abbia una sua specificità, ma quando un popolo invaso lotta per la sua libertà non ha senso fare distinzioni speciose, come se esistessero Resistenze di serie A e di serie B. Ebbene, questi signori non hanno alcun titolo per impartire lezioni in nome del 25 aprile, “visto che hanno capito così male la nostra Liberazione da non vedere il parallelo che la guerra per la liberazione dell’Ucraina ci ripropone oggi” – ha lucidamente scritto Antonio Polito sul Corriere della sera.
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Ma il pacifismo rosso parla da sempre il linguaggio dell’ideologia, non della ragione, e resta ferocemente anti-occidentale, per cui la rivolta democratica di piazza Maidan che portò alla destituzione del leader filorusso Janukovyc è considerata un golpe fomentato dagli Usa “per sottrarre Kiev a Mosca”, come se l’Ucraina fosse una proprietà personale di Putin. Il quale, dunque, sarebbe stato “costretto” a intervenire non per revanscismo imperialistico, ma solo per restituire un ruolo da protagonista alla Russia in Europa, in un nuovo assetto fondato sull’equilibrio delle potenze, sovvertendo il primato americano codificato nella Nato. Con questa premessa assolutoria diventa giusto e giustificato che il nuovo zar consideri un proprio diritto mantenere una sua sfera d’influenza, come ai tempi della Guerra Fredda, e di non avere la Nato alle sue frontiere. In realtà un anno fa Putin ha sbagliato i calcoli credendo di poter ripetere il vecchio schema di guerra più volte applicato dalla Russia prima zarista e poi sovietica, quello basato sulla logica del fatto compiuto, contando sull’inerzia dell’Occidente che nove anni fa si era voltato dall’altra parte davanti all’annessione della Crimea. L’Occidente invece non si è sfaldato, ed è questo che il pacifismo non tollera, e alza quindi la voce per disarmare l’Ucraina in nome di una finta pace e in nome soprattutto degli interessi di Putin. Questi referendum, insomma, sono un insulto alla Resistenza ucraina e al concetto stesso di pace.
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