2 giugno: da Ciampi a Mattarella il significato di una data da festeggiare due volte

Massimo Colonna
6 Min di lettura

Se il preambolo della Costituzione americana parla di diritto alla felicità, la nostra Carta indica il diritto al lavoro che “è un altro modo di declinare la dignità umana, fatta di realizzazione personale e di strumenti di sostentamento, sulla strada della felicità”

La Festa della Repubblica è una data doppiamente simbolica della nostra democrazia, perché il 2 giugno del ’46 fu anche eletta l’Assemblea costituente. Una Festa, però, che per un quarto di secolo era stata in qualche modo declassata: fu il presidente Ciampi a volere che questa data tornasse a essere pienamente festiva: “Non sopportavo – disse – quel distacco consapevole, quella critica continua e presuntuosa all’idea di patria e alle modalità che ne avevano segnato le tappe di costruzione. Rimango convinto dell’importanza di quel concetto, un’idea che unisce anche attraverso simboli e occasioni. Mi sembrava che il disprezzo o comunque la scarsa considerazione avessero facilmente il sopravvento nel senso comune che guarda al passato”. Il settennato di Ciampi ebbe un ruolo decisivo per rivalutare i concetti di patria e di nazione: “Le resistenze che avevo vicino svanirono – osservò – e le obiezioni di un possibile scivolamento nazionalista lasciarono il posto all’incredulità di chi cercava un posto nella festa di tutti. Temevo di essere accusato di militarismo o nazionalismo becero. Proprio io che ho scoperto quel senso di appartenenza collettivo durante la seconda guerra mondiale, nella tragedia dell’8 settembre 1943. Ufficiale in servizio ho trovato la patria nella mia coscienza mentre tutto sembrava crollare”. Ciampi si commosse tornando al giugno 2000, quando fu ripristinata la Festa: “In macchina, avevo al mio fianco il ministro della Difesa Sergio Mattarella, andavamo su e giù nel percorso tra l’Eur e i Fori Imperiali circondati da una folla festosa di tutte le età, che ci incitava ad andare avanti, ringraziava, mi appariva contenta. Ci sentivamo italiani”. 

Più o meno le stesse parole dette da Mattarella in un’intervista a ‘Poste News’, il giornale del gruppo Poste Italiane, anticipata da “Il Foglio”: “Il 2 giugno è la festa di noi italiani”, che abbiamo scelto e voluto la Repubblica. Il 2 giugno 1946 si recò alle urne oltre l’89 per cento degli aventi diritto, in un Paese ancora fortemente ferito dalla guerra e dalle altre avventure del regime fascista. La forma repubblicana venne preferita alla monarchia e acquisì la sua concreta configurazione con la Carta costituzionale. Venne elaborata dall’Assemblea costituente eletta nella stessa occasione del referendum istituzionale: i Padri e le Madri della nostra Repubblica. Il ricorso alla consultazione a suffragio universale, maschile e femminile, con voto libero e segreto, rappresentò già di per sé uno straordinario momento costitutivo della nuova coscienza”. Il capo dello Stato ha ricordato inoltre che le forme che regolano la nostra convivenza sono la declinazione di principi che ritroviamo nella prima parte della Costituzione: la centralità della persona, il riconoscimento della sua integrità e inviolabilità, il primato dell’uguaglianza tra gli esseri umani, la dignità, la libertà, la solidarietà, i diritti e i doveri caratterizzano la struttura democratica del nuovo Stato nato dalla Liberazione. Sono valori che appartengono a tutti i cittadini. Sono nostri, e vivono nella società nel passaggio tra generazioni nella partecipazione attiva alla vita civile. “La vitalità dei principi costituzionali ha permesso lo sviluppo della società italiana e ci consentirà di orientarci nelle grandi trasformazioni che attraversano il nostro tempo. La Carta costituzionale pone la persona come soggetto al quale ricondurre diritti e doveri. È la matrice dei valori della Repubblica e la fonte alla quale tornare ogni qual volta abbiamo la necessità di ridefinire la nostra visione. La democrazia è divenuta norma di vita della nostra comunità e la sua pratica la rafforza”.

Un altro passaggio fondamentale dell’intervista è quello in cui Mattarella afferma che “la pace non è solo ‘assenza di guerra’, ma un progetto generale di convivenza tra esseri umani che caratterizza tutto l’impianto della Costituzione”. Se il preambolo della Costituzione americana parla di diritto alla felicità, la nostra Carta indica il diritto al lavoro che “è un altro modo di declinare la dignità umana, fatta di realizzazione personale e di strumenti di sostentamento, sulla strada della felicità”, sottolinea Mattarella, che parlando anche dei giovani aggiunge: “Devono partecipare alle trasformazioni in atto nel Paese e non subirne gli effetti. Lavorare in un Paese diverso dal proprio deve essere una scelta e un’occasione per accrescere la propria formazione. Non può essere una fuga necessaria. I giovani chiedono di essere ascoltati”. E sul ruolo dell’Ue: “L’unità europea rappresenta uno degli eventi di maggior successo della storia del nostro Continente. Nel mondo globalizzato affermare che nessuno si salva da solo non è una mera affermazione di rito. Il prossimo anno ci saranno le elezioni del Parlamento europeo. Una straordinaria occasione di democrazia per i cittadini di ventisette Paesi. L’Europa siamo noi”.

© Riproduzione riservata

Condividi questo Articolo