Suicidio assistito: primo caso in Lombardia

La donna, 50 anni, aveva inoltrato al SSN la richiesta di verifica delle condizioni a maggio 2024. Dopo nove mesi ha completato la procedura prevista dalla sentenza 242/2019 sul caso “Cappato/Antoniani”, e ha ottenuto l’assistenza diretta del SSN, che ha fornito il farmaco e ogni strumentazione necessaria.

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Primo caso in Lombardia di suicidio assistito. Si tratta di una donna 50enne che da oltre 30 anni era affetta da sclerosi multipla progressiva. La morte è avvenuta in casa della paziente, per auto-somministrazione di un farmaco letale, fornito direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale, che ha anche procurato alla donna tutta la strumentazione necessaria alla procedura. In Italia questo è il sesto caso.

La richiesta era stata inoltrata al SSN nove mesi prima, dal momento che le condizioni di salute e di vita della paziente erano diventate ormai drammatiche e insostenibili. La sclerosi multipla l’aveva costretta ormai da tempo a una situazione di dipendenza totale, essendo completamente paralizzata e dunque bisognosa di assistenza continuativa.

“Ho amato la mia vita”, l’ultimo messaggio della donna che ha ottenuto il suicidio assistito

La donna era stata accompagnata e sostenuta nella decisione di porre fine alla sua vita dall’associazione Luca Coscioni, che da anni si occupa della questione del fine vita in Italia, dando supporto e strumenti a coloro che decidono di intraprendere questo percorso. Sul sito dell’associazione è stato pubblicato un comunicato, che contiene anche un messaggio lasciato dall’assistita poco prima dell’assunzione del farmaco.

“Serena”, questo il nome di fantasia scelto per la donna, ha voluto sottolineare che nonostante la malattia straziante ha vissuto “una vita intensa e felice“. Ma soprattutto, ha voluto che si sapesse è che la scelta di ricorrere al suicidio assistito non significa che non abbia amato la sua esistenza. “L’ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità“.

La decisione di rivolgersi all’associazione e di assumere il farmaco letale, tuttavia, è arrivata con la consapevolezza che il dolore legato alla malattia l’aveva presa violentemente non solo nel corpo: “Quando cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l’anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera“.

Cappato: “fornire assistenza era un dovere della Regione Lombardia”

La donna è la quinta persona seguita dall’associazione Luca Coscioni, e ha ottenuto il suicidio assistito riuscendo a completare la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019 sul caso ‘Cappato/Antoniani’.

Marco Cappato, tesoriere dell’associazione e Filomena Gallo, segretaria nazionale, hanno così commentato la notizia, anticipata stamani dal Corriere della sera: “La Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo“. E aggiungono: “Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia“.

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