I sogni e le speranze di Mogol

Andrea Pressenda
9 Min di lettura

Giulio Rapetti Mogol parla in esclusiva con Il Difforme e anticipa i prossimi progetti: Ucraina, le collaborazioni storiche, l’autore dai migliori testi fino al prossimo obiettivo che coinvolge l’intera comunità. E sulla morte afferma: «Non va temuta».

La strada per il CET – il Centro Europeo di Toscolano – è accogliente come le colline umbre. E’ qui che Giulio Rapetti Mogol, più semplicemente la colonna sonora di almeno tre generazioni, ha dato appuntamento a Il Difforme per la nostra prima intervista esclusiva. Le parole tornano ad essere protagoniste, grazie a chi ha regalato pura poesia proprio con questa arte. Nel giorno del lancio del nostro quotidiano online.

Guerra in Ucraina, iniziative benefiche, alcuni segreti per chi vuole iniziare a scrivere, gemme preziose per gli autori di domani, l’investitura ufficiale per l’artista dai testi più originali: sono alcuni degli argomenti affrontati. Così come lo sguardo verso il futuro dettato dalle nuove iniziative di grande impatto sociale e alcune riflessioni più intime nel ricordo delle grandi collaborazioni. Emozioni, il riferimento non è casuale. Ed un sogno che coinvolge l’intera comunità. Senza più distinzioni. Tutti uniti nella prevenzione. Con un termine che vuole essere di buon auspicio da Toscolano a tutta Italia.

Guarda il video dell’incontro con Giulio Rapetti Mogol

Giulio Rapetti Mogol, arrivando al CET – il Centro Europeo di Toscolano – si percepisce una atmosfera tra fascino e mistero, come la natura di questi luoghi. Azzardo: con questo centro sta aiutando la cultura popolare?
«Le mie lezioni sono state tutte gratuite perché la scuola è di proprietà di una associazione no profit e io sono l’unico docente che non percepisce alcun stipendio. Ho fatto questo regalo al mio paese e abbiamo già diplomato 3 mila allievi in cinque campi: autori, compositori, cantanti e interpreti, scrittura poetica e produzione discografica».

Immagino che questi risultati siano motivo di grande orgoglio.
«Sono stato invitato a Boston a dare lezioni sia ad Harvard che alla Berkeley. Devo dire che sono stati molto interessati alla nostra didattica in grado di offrire grandi frutti. All’ultimo Sanremo 4 canzoni erano dei nostri allievi. Ne abbiamo 3 mila e non possiamo seguire tutto quello che avviene però, di solito, ovunque succeda qualcosa ci sono gran parte di loro».

Proviamo: possiamo dare qualche consiglio a chi vuole iniziare scrivere?
«Prego».

Il processo creativo cambia a seconda dell’artista?
«Per quanto mi riguarda ascolto la musica e cerco di capire cosa sta dicendo. Non scrivo prima o penso al testo. In questo modo quando scrivo quello che dice la musica c’è l’emozione. La musica serve a dare qualcosa in più rispetto a quella che sarebbe una poesia».

Qual è il momento della giornata che preferisce per la scrittura?
«Alla mattina dopo il caffè».

Alcuni dei suoi capolavori sono stati realizzati in macchina.
«E’ successo con due o tre canzoni. Magari perché avevo già cominciato a scrivere il testo della canzone e stavo continuando o perché avevo chi era già con la chitarra in macchina. C’è sempre una motivazione».

Un segreto che può rivelare?
«Il segreto è studiare come per qualsiasi tipo di arte. Lo studio è la cosa più importante».

L’artista che la colpisce per l’originalità dei testi?
«Giuseppe Anastasi è molto bravo. E’ stato un nostro allievo e adesso è docente. Ha scritto le canzoni per Arisa. E ne ha scritte alcune molto belle. Una ad esempio si chiama Trinacria perché è siciliano e parla della sua terra in siciliano ed è una meraviglia».

Continua la tradizione dei successi. Anche di quella che sembra una vera investitura. Tra dischi d’oro e opere di grandi artisti che è possibile ammirare nel grande salone con il camino, il ricordo – dovuto, inevitabile – va alle grandi collaborazioni. Da Adriano Celentano a Gianni Bella a Riccardo Cocciante. Fino a Lucio Battisti e Pino Mango. Talento e sensibilità. Ancora più forte oggi. Anche con uno sguardo più intimo e un pizzico di commozione.
«La morte che terrorizza tutti in realtà è un fatto naturale. Ci terrorizza perché non conosciamo il suo stato ma potrebbe essere anche migliore di quello che stiamo vivendo a seconda delle persone. Siccome è un fatto naturale dobbiamo accettarlo con serenità e dovremmo anche spiegarlo ai bambini. Ho in mente di parlare con il ministro Messa per discutere proprio di questo argomento».

E’ un tema di grande sensibilità.
«Penso che potremmo studiare alcune cose importanti da insegnare ai bambini come la salute, il cosa mangiare, tutte le problematiche legate alla morale. Non è giusto che sia solo l’ora di Religione a impartire la morale».

Stiamo vivendo settimane difficili anche a causa della guerra in Ucraina. Ha affidato al Corriere della Sera la sua proposta per cercare una soluzione grazie alla nascita degli Stati Uniti d’Europa.
«Sicuramente darebbe qualcosa in più a tutti noi che facciamo parte dell’Unione europea. Pensate ai ragazzi che potrebbero spostarsi con grande facilità per gli studi, avere una sicurezza maggiore in tutti i sensi. O avere un solo esercito invece di averne tanti che si improvvisano nel momento in cui succede qualcosa. Gli Stati Uniti d’America hanno dovuto fare una guerra per raggiungere questo obiettivo, hanno combattuto la guerra di secessione».

Quale potrebbe essere il primo obiettivo da raggiungere?
«Noi non dobbiamo fare alcuna guerra. Dobbiamo solamente diminuire i nostri egoismi e cominciare a fare alcune cose come l’ordinamento giudiziario. E poi anche sul fronte militare si potrebbe iniziare a lavorare tutti insieme».

La sua vocazione è aiutare gli altri?
«Il nostro scopo primario nella vita dovrebbe essere aiutare gli altri. Ne sono convinto e sono cosciente di questo. Con mia moglie ho la vita facile (ride, ndr) perché lei è ancora più pronta di me. Ad esempio è arrivata una famiglia di ucraini con tre bambini che abbiamo ospitato e adesso gli daremo anche un lavoro».

A proposito di bambini ha portato avanti tante iniziative benefiche anche con la nazionale cantanti.
«Ho fondato la nazionale cantanti con la partecipazione di tutti i miei amici, con Morandi e tutti gli altri e abbiamo raccolto 100 milioni di euro interamente versati alle associazioni dei bambini sofferenti. Adesso sto lavorando ad un prossimo progetto».

Ci spieghi.
«Il prossimo progetto, il più grande di tutti, riguarda la prevenzione primaria. In Italia e in Europa utilizziamo quella secondaria, la ricerca delle patologie. Ma se noi scoprissimo le patologie all’inizio avremmo più possibilità di guarire operandosi immediatamente».

E’ una iniziativa di grande impatto sociale.
«La vera prevenzione è quella primaria che impedisce di ammalarsi. Si può ottenere rinforzando le difese dell’organismo e i tre sistemi endocrino, nervoso e immunitario. Se le nostre difese sono integre non ci possiamo ammalare».

Il progetto ha già un nome?
«Si chiamerà La Rinascita e adesso organizzeremo una conferenza stampa dove spiegheremo nel dettaglio tutto quello che stiamo facendo».

Mi permetta un’ultima domanda… Qual è il sogno di Giulio Rapetti Mogol?
«Il mio sogno numero uno è quello di riuscire non solo a portare avanti La Rinascita ma accedere ad altri cento, mille luoghi dove si userà tutto quello che abbiamo appreso per fare in modo che la gente non si ammali».

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