Usa, certificata la vittoria di Trump: al via la corsa verso il 20 gennaio, ma non mancano gli ostacoli

La transizione dei poteri in questo 6 gennaio è stata pacifica, al contrario di quanto avvenuto quattro anni fa; Trump, però, deve ancora affrontare lo scoglio della sentenza sul caso Stormy Daniels, che rischia di renderlo il primo presidente Usa con precedenti penali

Redazione
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La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti è stata confermata ufficialmente e certificata dal Congresso, esattamente a quattro anni di distanza dal famigerato 6 gennaio 2020, dalla vicepresidente in carica Kamala Harris, nonché sua avversaria nella corsa alla Casa Bianca. Il tycoon sorride soddisfatto, quasi beffardo, eppure la vittoria odierna non cancella la rabbia e la volontà di vendetta nei riguardi dei fatti accaduti quattro anni fa.

The Donald è convinto di aver subito un furto, ovvero quello della sua mancata elezione a 46esimo presidente Usa. Nel 2020, quindi, le votazioni sarebbero state truccate e l’assalto al governo, successivo al rifiuto del suo vice dell’epoca, Mike Pence, di dichiarare Joe Biden come il nuovo presidente americano, sarebbe stato solo una risposta del popolo all’infamia subita di Repubblicani.

Il miliardario non riesce a godersi neanche questa vittoria, pronto a recriminare ai democratici il presunto torto subito. In fin dei conti, lo scorso martedì, Trump ha mostrato al premier Giorgia Meloni, in visita a Mar-a-lago, un documentario sulle teorie complottiste dei trumpiani, dal titolo “The Eastman dilemma: lawfare or justice“. Si tratta del racconto di come l’avvocato John Eastmann abbia mostrato al tycoon il modo in cui rovesciare il risultato delle elezioni. Manovra che ha fatto guadagnare allo stesso avvocato una incriminazione dal Gran Giurì e la perdita della licenza da avvocato.

Kamala Harris, candidata presidente Usa
Kamala Harris, vicepresidente Usa

A differenza di quanto accaduto quattro anni fa, oggi Mike Pence ha sostenuto di aver assistito ad una “vittoria della democrazia” sancita da una “transizione pacifica dei poteri“, la stessa che però non avvenne quattro anni fa. Sulla questione è poi intervenuta la stessa Kamala Harris, dichiarando di aver “fatto ciò che ho sempre fatto nella mia carriera, ovvero difendere la Costituzione“. La vicepresidente democratica ha poi aggiunto di ritenere che la democrazia Usa sia forte solo quando nel popolo e nelle istituzioni c’è la volontà di votare per essa.

Donald Trump e la sentenza del 10 gennaio

A pesare sulle spalle di Donald Trump, poi, c’è ancora il caso Stormy Daniels. L’immunità presidenziale, infatti, potrebbe non salvare il tycoon da questa sorta di fantasma che lo perseguita ormai da anni. Il riferimento è al processo penale che vede il presidente imputato per aver corrotto la pornostar sopra citata con una ingente somma di denaro, affinché questa non rivelasse il rapporto avvenuto con lui in una camera d’hotel per evitare uno scandalo sessuale.

Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump
Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump

Lo scorso maggio, il miliardario era stato ritenuto colpevole per tutti e 34 i capi di imputazione a su carico. L’elezione del 5 novembre, però, sembrava aver posto il presidente al sicuro. La situazione, invece, è cambiata alcune settimane fa, quando il giudice della corte di New York ha annunciato la volontà di procedere con la chiusura del processo. Il prossimo 10 gennaio, quindi, Donald Trump riceverà la sua sentenza, nonostante i continui tentativi del suo team di avvocati di evitarlo. A nulla sono servite le richieste di annullamento del processo, né quelle di congelamento.

Il giudice Merchan vuole procedere, pur avendo sottolineato di non avere intenzione di punire Trump con il carcere o qualche tipo di sanzione. Si tratta quindi di una sorta di mossa simbolica che, comunque, renderà il tycoon il primo presidente Usa con la fedina penale sporca.

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