Trump e il sogno di un impero Usa: perché vuole la Groenlandia, il Canada e Panama?

Redazione
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Donald Trump sembra pronto a divenire il padre fondatore di un nuovo impero americano, composto da colonie che per il momento non sembrano avere la benché minima intenzione di entrare a far parte dell’ombrello Usa. Groenlandia, Panama e Canada sono i nuovi obiettivi del tycoon che, in un delirio di onnipotenza, ha dichiarato di essere pronto a prendere il controllo di questi territori affinché rafforzino l’influenza Usa nel mondo.

Il tycoon sembra aver dimenticato di non essere ancora al potere e soprattutto sembra aver sviluppato una sorta di ossessione per l’espansionismo Usa, dimenticando decenni di dottrine statunitensi che hanno dato vita ad alleanze e accordi fruttuosi. Così, con l’occasione di un annuncio da parte dell’amico imprenditore Hussain Sijwan, che ha intenzione di investire 20 miliardi di dollari in centri dati statunitensi, il presidente eletto ha sciorinato quella che potrebbe essere la sua agenda di politica estera.

Riprendere il controllo del Canale di Panama e annettere la Groenlandia e il Canada sono quindi tre possibili vie di sviluppo Usa, che però potrebbero nascondere innumerevole insidie. Trump, comunque, non sembra preoccupato e continua a sostenere la fattibilità del piano, tanto da aver già inviato suo figlio, Donald jr, in visita nella Regione danese, anche se sottolineando che il suo erede sarà solo un turista. Una prova di forza senza precedenti, le cui reali conseguenze saranno comprensibili solo a seguito delle sua elezioni.

Le reazioni di Groenlandia, Canada e Panama

Per quanto riguarda il Canale di Panama, già alcuni giorni fa, il tycoon aveva spiegato di volersene riappropriare per una questione economica e si sicurezza del Paese. Secondo The Donald, infatti, la via di commercio sarebbe ormai sotto il controllo cinese, al contrario di quanto stabilito al momento dell’accordo. “Il Canale di Panama è vitale per il nostro Paese ed è operato dalla Cina“, ha infatti sostenuto il tycoon, sottolineando come il Dragone paghi dazi ben più bassi degli Stati Uniti.

Al momento, Panama non sembra minimamente toccata dalle affermazioni del presidente eletto ed è convinta a non voler cedere alle sue pressioni. Allo stesso modo, la Danimarca, che controlla la Regione della Groenlandia, trova assurde le richieste di Trump e continua a sottolineare come la decisione su una possibile annessione spetti solamente ai 57 mila abitanti del territorio. Mette Frederiksen, premier danese, ha poi dichiarato di non credere che The Donald possa realmente utilizzare la forza miliare per ottenere il suo scopo, in quanto la Danimarca è “uno dei suoi più stretti alleati“.

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METTE FREDERIKSEN PRIMO MINISTRO DANIMARCA

Il Canada, invece, nel mezzo di una crisi politica conseguente alle dimissioni del primo ministro Justin Trudeau, non ha risposto alle provocazioni Usa, che Trump porta avanti già da diverso tempo. “Dovrebbero essere un nostro Stato. L’ho detto anche a Trudeau quando è venuto“, ha infatti ricordato il tycoon, sottolineando come al Canada spettino 200 milioni l’anno dalle casse dello Stato e come l’esercito Usa sia “a loro disposizione“. Dalle mire del tycoon, poi, non è escluso neanche il Messico. Il miliardario ha infatti proposto di rinominare il Golfo del Messico come “Golfo d’America“.

Perché Trump vuole la Groenlandia?

Se per il Canale di Panama i piani di Trump sono chiari, per la Groenlandia le motivazioni restano più nascoste. Il tycoon è pronto a dare inizio ad una nuova epoca d’oro dell’economia Usa e affinché questo avvenga deve eliminare le differenze che allontanano il suo Paese dagli altri avversari commerciali, prima tra tutti la Cina. Proprio per questo, la Groenlandia risulta fondamentale.

Il territorio è infatti ricco di quelle che sono definite risorse critiche, ovvero metalli necessari alla costruzione di microchip e parti tecnologiche che a loro volta permettono la creazione di strumentazioni tecnologiche. Nello specifico, nei terreni della Groenlandia sono presenti ottime quantità di Molibdeno, un metallo che fuso con l’acciaio ne migliora la qualità, di Terbio, fondamentale per la produzione dei magneti utilizzati nel settore della difesa, e di Uranio.

In questo senso, quindi, il cambiamento climatico, che sta provocando lo scioglimento dei ghiacciai, starebbe riportando alla luce questi materiali, permettendo agli Usa di utilizzarli.

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