“Un atto politico illegittimo” e “una farsa“, sono queste le parole che Donald Trump, presidente eletto Usa, ha utilizzato per descrivere la decisione del giudice Juan Merchan. Nonostante l’elezione e la conseguente immunità che da essa deriva, il tycoon dovrà presto trovarsi di fronte ai frutti delle sue azioni, che in questo caso sono una sentenza sul caso Stormy Daniels, la pornostar pagata per mantenere il riserbo sulla loro relazione.
Lo scorso maggio, una giuria statunitense aveva riconosciuto The Donald colpevole di tutti e 34 i capi di imputazione a lui rivolti. La complessa macchina giuridica Usa, poi, si era fermata per permettere la conclusione della campagna elettorale, che avrebbe poi portato all’elezione dell’imprenditore. Il fulmine a ciel sereno è giunto però nella tarda serata di ieri, smuovendo i piani del miliardario. Il prossimo 10 gennaio, quindi, Trump riceverà la sua sentenza di condanna, a meno di due settimane dal suo insediamento alla Casa Bianca.
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Il giudice Merchan ha voluto rassicurare il tycoon e i suoi elettori, sottolineando di non essere propenso ad una pena detentiva per il magnate, vista anche la sua impossibilità di scontarla. Nonostante ciò, The Donald rischia di essere il primo presidente con precedenti penali della storia Usa e questo appellativo non piace proprio al suo team. “Non dovrebbe esserci alcuna sentenza e il presidente Trump continuerà a combattere contro queste bufale finché non saranno tutte morte“, ha infatti dichiarato Steven Cheung, direttore delle comunicazioni del presidente eletto.
La difesa di Trump nel caso Daniels
La sentenza del prossimo 10 gennaio giunge come la conclusione di un lungo percorso giuridico, che in molti pensavano non avrebbe mai avuto esito. La decisione di Merchan è, inoltre, l’ultima risposta negativa nei confronti della nuova istanza di archiviazione presentata dai difensori del presidente eletto, nel tentativo di nascondere sotto il tappeto questa incresciosa situazione.
“Lo status dell’imputato come presidente eletto non richiede l’applicazione drastica e ‘rara’ dell’autorità del tribunale di accogliere la mozione di archiviazione“, ha infatti argomentato il giudice, aggiungendo che l’archiviazione delle condanne non farebbe altro che “minare lo stato di diritto in modo incommensurabile“. Lo stesso giudice, però, in passato ha dovuto cedere ad alcune delle richieste del team di Trump. Questo, infatti, secondo l’iter giudiziario, avrebbe dovuto essere condannato lo scorso 26 novembre, ma la sentenza è stata rimandata a tempo indeterminato a causa dell’elezione del tycoon.
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