Rasoulof: regista iraniano condannato a 8 anni di carcere, fugge a piedi in Europa

Mohammad Rasoulof, il noto regista iraniano di 52 anni, continua a sfidare le avversità del regime iraniano. Nato a Shiraz, nell'Iran centro-meridionale, Rasoulof ha subito numerose restrizioni dal 2017, quando il suo film A Man of Integrity vinse il Premio Un Certain Regard alla 70ª edizione del Festival di Cannes

Redazione
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Mohammad Rasoulof, il famoso regista iraniano, ha intrapreso una drammatica fuga per evitare l’incarcerazione nel suo paese natale. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Guardian, Rasoulof ha descritto la sua traversata come “estenuante ed estremamente pericolosa” attraverso una terra di confine montuosa, nella speranza di sfuggire alle accuse di sicurezza nazionale imposte dal regime iraniano.

Il regista ha deciso di lasciare l’Iran dopo che un tribunale lo aveva condannato a otto anni di carcere, di cui cinque da scontare a causa del suo ultimo film, Il seme del fico sacro. Un lungometraggio che narra le difficoltà di un giudice nel mezzo dei disordini politici a Teheran, un tema che evidentemente non è stato gradito dalle autorità iraniane. Ora rifugiato in Europa, Rasoulof ha espresso la speranza di poter partecipare alla premiere del suo film al Festival di Cannes la prossima settimana. Parlando al Guardian, il regista ha spiegato che la sua missione è di far conoscere al mondo le narrazioni e le situazioni critiche che gli iraniani stanno vivendo.

Ayatollah Khamenei, Iran
Ayatollah Khamenei, Iran

Le complesse vicende giudiziarie di Rasoulof

Invitato l’anno scorso a far parte della giuria del festival, Rasoulof dovette rifiutare a causa del divieto di viaggiare imposto dalle autorità iraniane. La situazione per il regista peggiorò ulteriormente nel luglio 2022, quando fu arrestato dopo aver firmato una petizione contro l’inasprimento delle norme sociali basate sulla Sharia sciita, ancor prima delle proteste di Donna Vita Libertà. Dopo un rilascio per motivi medici nella primavera del 2023, Rasoulof è rimasto agli arresti domiciliari. Tuttavia, con incredibile determinazione, è riuscito a girare un nuovo film in clandestinità, Il seme del fico sacro, che è ora in concorso al Festival di Cannes.

La notizia della sua fuga ha rapidamente fatto il giro del mondo tra attivisti e cinefili. Sebbene la sua esatta ubicazione rimanga sconosciuta, il suo avvocato lascia intendere che esiste la possibilità di vederlo a Cannes. In una nota rilasciata ieri, Rasoulof ha dichiarato di essere già in Europa, ma ha anche denunciato che molti degli attori del suo ultimo film stanno subendo lunghi interrogatori da parte dei servizi segreti iraniani, che esercitano pressioni affinché il film venga ritirato dal festival. Alcuni attori, inoltre, hanno ricevuto il divieto di lasciare il Paese.

Sono grato a tutti coloro che mi hanno aiutato ad uscire dal confine e raggiungere un posto sicuro in questo difficile e lungo viaggio, lo hanno fatto con gentilezza, altruismo e a volte rischiando se stessi. Sono vivo per poterlo dire“, ha dichiarato Rasoulof.

L’importanza dell’arte come forma di denuncia

Rasoulof fa parte di una cerchia molto apprezzata di cineasti iraniani che, nonostante le difficoltà e i rischi, continuano a produrre film in patria, affrontando gravi conseguenze per i loro messaggi di denuncia contro l’oppressione sociale e le violazioni dei diritti umani. La recente ondata di proteste in Iran, innescata dalla morte della studentessa curdo-iraniana Mahsa Amini, ha accentuato la crisi politica nel Paese, che non ha precedenti dall’insediamento della Repubblica Islamica nel 1979.

Mahsa Amini
Mahsa Amini, eroina delle donne iraniane

Rasoulof non è l’unico ad aver passato guai seri con il proprio Paese per aver prodotto dei film mal digeribili per il governo iraniano: altri registi come Mostafa Aleahmad e Jafar Panahi hanno affrontato il carcere, mentre Asghar Farhadi ha optato per un periodo di esilio negli Stati Uniti, e Mohsen Makhmalbaf, celebre allievo di Abbas Kiarostami, vive da anni a Parigi.

Le autorità iraniane, attualmente impegnate anche nella guerra nella Striscia di Gaza, hanno recentemente intensificato la repressione contro la popolazione che chiede riforme sociali e politiche, in particolare i giovani delle generazioni più giovani. L’ultimo artista a rischiare la vita è il rapper Toomaj Salehi, che nelle sue canzoni denuncia la mancanza di libertà in Iran e affronta una possibile condanna a morte.

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