Proteste a Tirana, sassi e molotov contro la sede del governo – FOTO

A un anno dalla manifestazione violenta del 13 febbraio 2023, Tirana è tornata ad essere teatro di proteste contro il governo, e soprattutto contro il premier Edi Rama, accusato di corruzione

Redazione
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Nel cuore di Tirana, una folla di migliaia di manifestanti si è presentata in piazza, davanti alla sede del governo, in una dimostrazione di dissenso, accusando il premier Edi Rama di corruzione dilagante, di aver contribuito all’impoverimento della nazione e di governare il paese in alleanza con oligarchi e criminalità. 

Una serie di comportamenti che avrebbero delle conseguenze molto gravi sulla popolazione, costretta ad abbandonare la propria patria e trasferirsi all’estero per fuggire dalla povertà. La protesta, convocata dall’opposizione di centro-destra del Paese, ha raggiunto il culmine con l’uso di molotov e petardi lanciati contro la sede del governo protetta solo da una fila di agenti di polizia.

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Le accuse contro Rama

Il premier Rama ha respinto le accuse di corruzione e ha difeso il suo governo, sostenendo di essere impegnato nel migliorare la situazione economica e sociale del Paese nonostante le sfide e le critiche. Tuttavia, la protesta di ieri dipingerebbe un quadro ben diverso rispetto alle rassicurazioni di Rama, segnalando un crescente disagio pubblico nei confronti del governo e delle istituzioni, indicando la necessità di affrontare le preoccupazioni della popolazione e di ristabilire la fiducia nella leadership politica albanese.

Già da tempo il terzo mandato di Rama alla guida dell’Albania si trova al centro di intense critiche, con l’opposizione che punta il dito contro il premier per una serie di comportamenti inappropriati, tra cui la presunta connivenza con circoli oligarchici e criminali. L’incapacità del governo di affrontare i crescenti disagi vissuti dalla popolazione albanese avrebbe spinto le tensioni oltre i limiti, portando una folla di manifestanti a riversarsi nelle strade di Tirana. 

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Tirana: tra politici criminali e proteste violente

L’ex premier Sali Berisha, nonostante sia agli arresti domiciliari in relazione a un’inchiesta sulla presunta corruzione legata alla privatizzazione di un complesso sportivo, è riuscito a parlare ai manifestanti tramite videoconferenza dalla sua residenza. Le sue parole hanno alimentato ulteriormente la tensione, promettendo una “battaglia senza ritorno” contro il regime di Rama.

La protesta, che è coincisa con l’anniversario dell’abbattimento della statua dell’ex dittatore comunista Enver Hoxha nel centro di Tirana, ha mostrato un’opposizione determinata a far sentire la propria voce e a portare cambiamenti sostanziali nella governance del Paese. Con le forze dell’ordine schierate per mantenere la sicurezza, la situazione è riuscita lentamente a tranquillizzarsi, ma il malcontento e le richieste di cambiamento rimangono forti tra la popolazione.

Non sarebbe neanche la prima volta che accade qualcosa di simile a Tirana. Già a febbraio dell’anno scorso, vi erano state proteste di migliaia di persone davanti alla sede del Parlamento albanese. Quella volta, i manifestanti avevano cercato addirittura di entrare con la forza nell’edificio. Non riuscendo nel proprio intento, si erano accontentati di dare fuoco alle apparecchiature che fornivano la corrente al Parlamento, lasciando l’intera assemblea a discutere al buio.

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