Un’atmosfera “positiva e costruttiva“: questo il commento della delegazione iraniana, confermato anche dalla Casa Bianca, dopo i colloqui con gli Usa sul programma nucleare di Teheran. Nello stesso comunicato ufficiale si apprende che i colloqui riprenderanno la prossima settimana. Il meeting tra le due delegazioni si è svolto in Oman, con la mediazione del ministro degli esteri Badr Al-Busaid, ed è durato circa due ore e mezza.
Il ministro degli Esteri iraniano ha poi reso noto che “al termine di oltre due ore e mezza di colloqui indiretti (con la mediazione degli omaniti), i responsabili delle delegazioni di Iran e Stati Uniti abbiano parlato per pochi minuti in presenza del ministro degli Esteri dell’Oman mentre lasciavano la sede dei colloqui“.
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Un breve incontro faccia a faccia, dunque, avrebbe concluso i colloqui indiretti fra le due potenze, che hanno avuto luogo su uno sfondo di tensione dato dalle minacce dei giorni scorsi del Presidente Usa. Donald Trump ha ventilato infatti la possibilità di un’azione militare qualora non si riuscisse a raggiungere un nuovo accordo.
Il programma nucleare per Teheran
L’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi hanno guidato i colloqui a Muscat. “Voglio che l’Iran sia un Paese meraviglioso, grande e felice. Ma non può avere un’arma nucleare“, ha commentato il tycoon a bordo dell’Air Force One, poche ore prima dell’inizio dell’incontro. Nel frattempo, il consigliere della Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, Ali Shamkhani, aveva informato la cronaca che Teheran starebbe “cercando un accordo vero ed equo“, aggiungendo che “sono pronte proposte importanti e attuabili“.
I colloqui, come previsto, hanno avuto durata molto breve, e non si sono protratti oltre il sabato, come qualcuno si attendeva. Le due parti non intrattenevano relazioni diplomatiche da decenni e si sono svolti a seguito delle ripetute minacce di intraprendere un’azione militare da parte di Stati Uniti come di Israele. “Se sarà necessario un intervento militare, lo faremo“, ha difatti avvertito il Presidente a stelle e strisce questa settimana, quando gli è stato chiesto cosa sarebbe successo se i colloqui non avessero portato a un accordo.
Rispondendo alla minaccia statunitense, l’Iran ha tranquillamente dichiarato che potrebbe espellere gli ispettori nucleari delle Nazioni Unite. Una mossa che, ha avvertito Washington, porterebbe solo ad una “escalation” nel già teso rapporto tra le due potenze. Appesantito da anni di sanzioni e indebolito dai colpi di Israele ai suoi alleati Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, l’Iran ha però forte volontà a negoziare.
Al contempo, gli Stati Uniti tengono sott’occhio anche lo sviluppo dell’Iran nella direzione di una bomba nucleare. Witkoff ha dichiarato al Wall Street Journal che “la nostra posizione odierna” inizia con la richiesta che l’Iran smantelli completamente il suo programma nucleare. Presa di posizione che sarebbe stata suggerita a Trump dai sostenitori della “linea dura“, ma che pochi credono che l’Iran possa accettare.
L’Iran, che insiste sul fatto che il suo programma nucleare sia esclusivamente a fini civili, ha intensificato le sue attività da quando il tycoon si è ritirato dall’accordo nucleare, avvicinandosi sempre più alla possibilità di produrre un’arma.
Ciò che farebbe “preoccupare” è la disponibilità di circa 274,8 chilogrammi di uranio arricchito al 60% nelle mani dell’Iran, che si sta avvicinando all’arricchimento del 90%. Dati che sono emersi dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
Possibile esito dei colloqui
Quale potrebbe essere l’esito dei colloqui? E’ probabile che l’Iran si impegni a ridurre il suo programma nucleare, ma non a smantellarlo completamente in cambio però dell’allentamento delle sanzioni per far ripartire l’economia. Ma potrebbe anche essere che i negoziati non si concentreranno esclusivamente sul programma nucleare, ma includeranno la cessazione del sostegno dell’Iran ai suoi alleati regionali. Richiesta già avanzata dagli alleati degli Stati Uniti nel Golfo. E di conseguenza, per l’Iran, potrebbe essere solo una questione di “sopravvivenza stessa del governo“, visto che il regime sta pian piano perdendo l’appoggio del popolo.
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