Prima la conferma ieri pomeriggio del Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, poi il dietro front iraniano e così i colloqui tra Washington e Teheran su un programma nucleare dell’Iran, alla fine, potrebbero non tenersi più in Italia. “Dopo consultazioni è stato deciso che Muscat continuerà a ospitare il secondo round di colloqui” con gli Usa. Appuntamento già segnato in agenda al 20 aprile. A riferirlo è stato Ismail Baghaei, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, in un’intervista all’Irna di Teheran.
Tajani aveva confermato ieri il vertice di Roma di sabato, in coincidenza con la visita del vicepresidente JD Vance in Italia, prevista dal 18 al 20 aprile. “Abbiamo ricevuto la richiesta dalle parti interessate e da parte dell’Oman e abbiamo dato una risposta positiva – spiegava il capo della Farnesina – Siamo pronti ad accogliere, come sempre, incontri che possano essere portatori di risultati positivi, in questo caso sul nucleare. Roma si conferma capitale di pace, di mediazione, non è la prima volta che ci sono colloqui di questo tipo nel nostro Paese“.
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L’atmosfera “positiva e costruttiva” riscontrata nella prima tanche di colloqui tra Stati Uniti e Iran per convergere su un programma nucleare che aveva avuto buoni frutti, vedrà le due delegazioni incontrarsi ancora in Oman.
Gli statunitensi, stando a quanto diffuso dalla piattaforma di informazione, sarebbero rimasti soddisfatti dal primo round di colloqui in Oman, che si sarebbero con conclusi secondo i piani e avrebbero raggiunto l’obiettivo di passare da un formato indiretto, gestito quindi tramite intermediari, a uno diretto, con i funzionari che dialogano direttamente. L’amministrazione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, vorrebbe che fosse questa la modalità a Roma, un cambio di sede suggerito dagli Usa.
Iran: “Non accetteremo il linguaggio della forza”
Citando il deputato iraniano per gli Affari Politici, Majid Takht-Ravanchi, Rezaei aveva accennato che il nuovo faccia a faccia Usa-Iran si sarebbe tenuto in un Paese europeo. Citato dall’Irna, il portavoce aveva invece sostenuto che il primo round si è svolto indirettamente presso l’abitazione del ministro degli Esteri omanita e che le due parti si trovavano in stanze separate.
“Abbiamo cercato di gettare le basi dei colloqui, – ha spiegato il negoziatore – perché non abbiamo la necessaria fiducia negli americani. Nel prossimo round, definiremo il quadro dei negoziati sul programma nucleare iraniano e continueremo fase per fase. Gli americani dovrebbero fornire garanzie sulla revoca delle sanzioni“. Inoltre, Takht-Ravanchi ha avvertito che l’Iran non accetterà “il linguaggio della forza e, se minacciato, reagirà“. Intanto, i media iraniano hanno citato ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, secondo il quale il primo capitolo di colloqui a Muscat si è concentrato esclusivamente sul programma nucleare e sulla revoca delle sanzioni.
L’Iran ha inoltre aggiunto di trovare inaccettabile che, nel mezzo dei negoziati, gli Stati Uniti continuino a minacciare lo Stato islamico attraverso sanzioni, pressioni e minacce. “Questo è un approccio contraddittorio e il motivo per cui l’Iran sollecita colloqui indiretti è la continuazione delle sanzioni“, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei. Questo ha inoltre confermato che negli incontri di sabato a Muscat, l’Iran ha chiesto agli Usa la revoca delle “sanzioni tiranniche“. Questo stesso argomento sarà quindi affrontato nel prossimo incontro.
Prima del secondo vis à vis tra Teheran e Washington, questa settimana il direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Aiea, Rafael Grossi, ha fissato in agenda una visita a Teheran in ottica dei prossimi sul nucleare iraniano. Grossi, secondo Axios, dovrebbe discutere delle attività di monitoraggio e verifica dell’Aiea negli impianti nucleari dell’Iran.
Trump e il programma nucleare per l’Iran
I colloqui tenutisi in Oman sono stati i primi tra l’Iran e un’amministrazione Trump, incluso il primo mandato del presidente degli Stati Uniti tra il 2017-2021 durante il quale il tycoon aveva deciso di ritirarsi unilateralmente dall’accordo sul nucleare iraniano raggiunto nel 2015 sotto l’amministrazione Obama.
Sul fronte americano, il Presidente Trump ha dichiarato proprio ieri di aspettarsi di prendere una decisione sull’Iran molto rapidamente, dopo che entrambi i paesi hanno dichiarato di aver tenuto colloqui “positivi” e “costruttivi” in Oman. Il tycoon auspicherebbe così di trovare l’intesa sul programma nucleare senza troppe difficoltà.
Anche perché se così non fosse, Trump ha minacciato un’azione militare se non si raggiungerà un accordo per fermare il programma nucleare iraniano, ha dichiarato ai giornalisti a bordo dell’Air Force One di aver incontrato i consiglieri sull’Iran, senza però fornire ulteriori dettagli.
Rispondendo alla minaccia statunitense, l’Iran ha tranquillamente dichiarato che potrebbe espellere gli ispettori nucleari delle Nazioni Unite. Una mossa che, ha avvertito Washington, porterebbe solo ad una “escalation” nel già teso rapporto tra le due potenze. Appesantito da anni di sanzioni e indebolito dai colpi di Israele ai suoi alleati Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, l’Iran ha però forte volontà a negoziare.
Al contempo, gli Stati Uniti tengono sott’occhio anche lo sviluppo dell’Iran nella direzione di una bomba nucleare. Witkoff ha dichiarato al Wall Street Journal che “la nostra posizione odierna” inizia con la richiesta che l’Iran smantelli completamente il suo programma nucleare. Presa di posizione che sarebbe stata suggerita a Trump dai sostenitori della “linea dura“, ma che pochi credono che l’Iran possa accettare.
L’Iran, che insiste sul fatto che il suo programma nucleare sia esclusivamente a fini civili, ha intensificato le sue attività da quando il tycoon si è ritirato dall’accordo nucleare, avvicinandosi sempre più alla possibilità di produrre un’arma.
Ciò che farebbe “preoccupare” è la disponibilità di circa 274,8 chilogrammi di uranio arricchito al 60% nelle mani dell’Iran, che si sta avvicinando all’arricchimento del 90%. Dati che sono emersi dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
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