Tel Aviv è insorta contro il governo di Benjamin Netanyahu, accusato di essere responsabile dell’uccisione dei sei ostaggi che sono stati ritrovati morti lo scorso sabato. Un duro colpo allo Stato ebraico che ora deve fare i conti con la furia della popolazione, pronta a scendere in piazza per chiedere il cessate il fuoco e soprattutto l’accordo per la pace che preveda il ritorno in patria degli ostaggi, tutti in vita. Nella giornata di ieri, Tel Aviv è stata bloccata dalle proteste, che si sono concentrate nella zona della città in cui vive Netanyahu.
Gli scontri con la polizia sono stati durissimi e diverse persone sono state arrestate per aver cercato di raggiungere parti della città che non erano state preventivamente discusse con gli agenti. Circa 5000 persone si sono poi radunate pacificamente davanti alla casa del primo ministro, esibendo cartelli che chiedevano il cessate il fuoco e la restituzione degli ostaggi e richiamando l’attenzione con il suono di fischietti e di clacson.
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Ad aggravare la situazione, già piuttosto tesa, sono state le parole del presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden: “Netanyahu non fa abbastanza“. La rottura tra Usa e Israele sembra essere giunta, a seguito dei continui rifiuti da parte di Tel Aviv di accettare i dettati degli accordi proposti dagli Usa. Per il momento Washington non ha intenzione di diminuire il sostegno al Paese, ma sembrerebbe che la pazienza stia quasi per finire. Si ipotizza quindi che sia pronto un nuovo accordo, stavolta basato sul concetto di “prendere o lasciare“. Spetterà a Netanyahu decidere cosa fare, tenendo in considerazione ogni conseguenza delle sue scelte.
Netanyahu: “Chiunque uccida gli ostaggi non vuole un accordo“
Il ritrovamento dei corpi dei sei ostaggi uccisi sembrerebbe aver spinto Netanyahu su posizioni ancora più dure. Il primo ministro potrebbe infatti aver deciso di non considerare più gli accordi per un cessate il fuoco, scegliendo invece la strada della vendetta, per cercare di rafforzare la posizione di Israele. Da ben 11 mesi, ormai, il premier continua a ripetere che l’obiettivo di questa guerra è “la distruzione totale di Hamas” ed ora Netanyahu potrebbe aver deciso di perseguire questa strada senza prendere in considerazione altre.
Allo stesso tempo, poi, il premier ha deciso di commentare con un certo astio le parole del presidente Joe Biden. Primo tra tutti, l’ufficio del primo ministro israeliano ha definito “sconcertanti e pericolose” le affermazioni del leader statunitense, seguito poi dalle dichiarazioni del premier ha ha accusato Biden di rivolgere le sue accuse verso un Paese che ha accettato prima l’accordo proposto il 31 maggio e poi quello del 16 agosto, trascurando invece le colpe di Hamas che non sembra aperto ai negoziati.
L’organizzazione terroristica palestinese, però, continua a sostenere che l’accordo non sia equo perché uno dei punti cruciale non sarebbe rispettato. I negoziati, infatti, prevedono che Israele ritiri completamente le sue truppe dal territorio palestinese, comprese le zone di frontiera dei corridoi Netzarim e Filadelfia e del valico di Rafah. Tre territori che invece Israele non vuole lasciare al controllo palestinese, perché convinta che Hamas possa utilizzarli per rafforzarsi e far entrare armi nel Paese.
Hamas: “Senza accordo gli ostaggi torneranno nelle bare“
“L’insistenza di Netanyahu nel rilasciare i prigionieri attraverso la pressione militare, invece di concludere un accordo, significherà che saranno restituiti alle loro famiglie nelle bare” con queste parole, il portavoce delle Brigate Qassam, Abu Obeida, ha terrorizzato lo Stato ebraico, confermando la più grande paura dei familiari degli ostaggi: il loro destino è appeso ad un filo.
Sembrerebbe che Hamas abbia modificato la sua linea di comportamento nei confronti degli ostaggi, che ora saranno utilizzati come merce di scambio per gli accordi. Senza cessate il fuoco, gli ostaggi moriranno. Le istruzioni alle guardie che si occupano dei prigionieri prevede che nel momento in cui l’Idf si avvicinerà ai luoghi di detenzione, il compito sarà quello di sparare per uccidere i detenuti. Non vi sarà la liberazione di ostaggi vivi, finché l’organizzazione terroristica non otterrà un accordo di pace.
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