Medio Oriente, Israele riflette su taglio aiuti a Gaza: “Potrebbe arrivare dopo insediamento Trump”

Al momento non vi sarebbero certezze sulla questione, ma sembrerebbe che Netanyahu voglia indebolire ancora di più la potenza di Hamas, di fatto limitando ulteriormente l'arrivo di beni di prima necessità nel Paese

Redazione
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Le speranze di raggiungere una tregua nel conflitto in Medio Oriente tra Israele e Hamas prima dell’insediamento alla Casa Bianca del 47esimo presidente Usa, Donald Trump, sono ormai prossime allo zero. Le negoziazioni in corso a Doha, in Qatar, sono pressoché ferme a causa della mancanza di accordi tra le due parti che non sembrano pronte a scendere a patti. La situazione, inoltre, è aggravata dall’indiscrezione lanciata dal sito israeliano N12, secondo cui il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, starebbe valutando una drastica riduzione degli aiuti umanitari da far entrare nella Striscia di Gaza a seguito della conclusione del mandato di Joe Biden.

Questa è, quindi, solamente l’ultima delle novità che l’amministrazione Trump potrebbe portare con sé. Al momento non vi sarebbero certezze sulla questione, ma sembrerebbe che Netanyahu voglia indebolire ancora di più la potenza di Hamas, di fatto limitando ulteriormente l’arrivo di beni di prima necessità nel Paese, in quanto questi sarebbero quasi del tutto gestiti dall’organizzazione terroristica. “Qualsiasi decisione sarà presa in coordinamento con l’amministrazione Trump, partendo dall’assunto che, se la situazione non cambia a Gaza, Hamas resterà al potere“, ha infatti sostenuto il sito N12.

Donald Trump
Donald Trump, presidente Usa

La preoccupazione per il popolo palestinese, quindi, è salita alle stelle. Dopo 15 mesi di conflitto, infatti, la popolazione è allo stremo e un’ulteriore diminuzione dell’entrata dei beni non farebbe altro che peggiorare questa situazione. Il timore principale è che la scelta di Netanyahu possa dare vita ad una vera e propria carestia nel Paese, che si aggiungerebbe alla catastrofica situazione generata dal freddo che i 2 milioni di abitanti della Striscia sono costretti a subire.

Secondo le Nazioni Unite, prima della guerra entravano quotidianamente a Gaza 500 camion carichi di beni, per un totale  di 15.000 al mese, mentre lo scorso dicembre sono entrati nel territorio palestinese solamente 2.205 tir. Il premier Netanyahu ha invece sempre sostenuto di non aver ostacolato l’entrata di questi camion, anche se le rigidissime regole per il loro lascia passare li costringerebbero a compiere viaggi lunghissimi prima di raggiungere la popolazione.

Medio Oriente, lo stallo dei negoziati

I negoziati a Doha sarebbero fermi in uno stallo la cui uscita non sembrerebbe così semplice da raggiungere. Secondo quanto si apprende, sembrerebbe che Israele e Hamas non siano d’accordo su quasi nessuno dei punti da prendere in considerazione. I colloqui si erano bloccati già una settimana fa, quando Netanyahu ha richiamato a Tel Aviv la sua squadra di negoziatori a causa di alcune deliberazioni interne. Già da quel momento, quindi, le possibilità di una tregua sono apparse ben lontane.

Nello specifico, Hamas e Israele non riuscirebbero a trovare un accordo sulla presenza delle truppe dello Stato ebraico nei territori dei corridoi di Netzarim e Philadelphia e sulla richiesta di Israele di deportare alcuni prigionieri di sicurezza palestinesi rilasciati nell’accordo. “Tutte le lacune rimanenti possono essere colmate. Vogliamo farlo e raggiungere un accordo, e crediamo che anche l’altra parte voglia farlo“, ha però sostenuto un alto funzionario israeliano.

Incombe sui negoziati anche la promessa di Donald Trump, che ha annunciato che “ci sarà tutto l’inferno da pagare“, nel caso in cui non si dovesse trovare un accordo sul rilascio degli ostaggi prima del suo insediamento. Un punto critico difficile da risolvere riguarda il rifiuto di Hamas di consegnare un elenco di ostaggi che avrebbe rilasciato nella  prima fase dell’accordo. Si tratterebbe di uomini e donne in situazioni di salute critiche.

Il nodo riguarda l’elenco di 34 ostaggi che Israele vuole consegnati il prima possibile, in quanto ritenuti vivi. Hamas, però, sostiene che la maggior parte di essi siano uomini con meno di 50 anni che possono essere considerati soldati. Inoltre, sorgono dubbi sul reale funzionamento della tregua. Una fonte presente a Doha ha confermato che l’accordo è necessario ad assicurare una cessazione completa delle ostilità e il ritiro delle forze armate israeliane dalla Striscia di Gaza. Netanyahu, però, si è da subito detto contrario alla possibilità, in quanto l’obiettivo del conflitto è l’eliminazione completa delle forze di Hamas dalla Palestina.

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