È di queste ore la notizia che sta spaventando il mondo intero: l’arrivo di una nuova e ancora incompresa malattia in Congo. Nel sud-ovest della Repubblica Democratica, una misteriosa infezione ha colpito circa 400 persone, causando oltre 140 vittime in poco più di un mese, con una letalità stimata intorno al 30%.
A tal proposito, è intervenuto il Professore di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Giovanni Rezza, a dare una prima spiegazione. Stando alle sue parole, si tratta di una sintomatologia incerta per il momento e, invitando a mantenere la calma, ha sottolineato che non ci troviamo in una situazione di allarme globale. Non bisogna dimenticare, però, che è necessario identificare immediatamente il patogeno responsabile.
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Con riferimento a ciò, ha esternato: “La diagnosi è molto difficile, si tratta di aree diverse dall’Europa o dalla Cina. Occorre attendere che i campioni siano trasferiti almeno al laboratorio attrezzato di Kinshasa, se non ad altri centri più specializzati con il supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità“.
Malattia in Congo, i sintomi
Dopo la comunicazione della variante XEC del Covid-19, eccoci qui a fare i conti con un altro colpo di scena prima del Natale. Da ciò che si apprende, sarebbero proprio i sintomi a non offrire agli esperti gli elementi adatti per decifrare la malattia in Congo. Essi includono: febbre, mal di testa, raffreddore e tosse, difficoltà respiratorie e anemia. Il docente ha esposto che quest’ultima condizione sarebbe dovuta alla malnutrizione di quelle zone e che quella particolare area è maggiormente esposta al contatto tra esseri umani e animali.
In più, Rezza ha evidenziato che il Congo è abituato ad avere febbri emorragiche e si tratterebbe di un contagio che si limiterebbe lì. Mentre, la situazione sarebbe ben più complicata qualora si fosse sviluppata una malattia respiratoria: “Sicuramente le autorità devono prestare molta attenzione, informando i viaggiatori che intendono recarsi nella zona“.
Carlo Perno, responsabile Microbiologia e Diagnostica di Immunologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, commenta che non bisogna perdere tempo. Le sue esternazioni sono state categoriche: “Occorre agire velocemente per effettuare una diagnosi, attivando laboratori mobili specializzati, disponibili in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti, che consentano di analizzare il probabile patogeno con macchinari avanzati e avere una diagnosi rapida. L’invio di epidemiologi dell’OMS sul posto è un inizio, ma occorre fare di più“.
Il parere degli esperti è, dunque, chiaro: procedere con l’analisi del germe che sta causando una semi epidemia in Africa. La questione importante è comprendere se ci si trovi davanti ad una materia che si conosce o che è del tutto ignota.
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