Papà Francesco ha dimostrato la sua capacità di leggere il presente parlando del narcisismo
Nell’Angelus di stamattina Papa Francesco ha dimostrato ancora una volta la sua capacità di leggere il presente parlando del narcisismo.
Una piaga dei nostri giorni che il Pontefice ha sintetizzato nella esasperata esaltazione dell’Io che ha soppiantato il noi in ogni sua esibizione.
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Abbiamo già dato notizie su questa diffusione capillare del narcisismo nella società arrivando a parlare anche dei suoi aspetti clinici , magistralmente raccontati da Antonio Semerari, Giuseppe Nicolò e Antonio Carcione del Terzo centro di Roma, forse i più importanti conoscitori del fenomeno.
Papa Francesco ha osservato, nei minuti in cui ha parlato del narcisismo, sia la sua componente laica che la conseguenza cristiana, com’è tipico delle sue analisi.
Ha evidenziato il successo dell’ego e la sopraffazione della pluralità come causa di un monadismo intellettuale e fattuale che porta a un isolamento dell’individuo e alla sconfitta del concetto di comunità, che per sua definizione ha bisogno di una collettività concreta e della considerazione che ognuno, con quello che può portare, è indispensabile per raggiungere gli obiettivi.
Più volte il Papa ha stigmatizzato la società dello scarto,che tende ad escludere e non ad includere, sulla base di un lungo processo di individualismo che parte da lontano.
Il narcisismo come tratto caratteriale è amplificato da nuovi prosceni dì comunicazione social,tendenti per natura ad ipertrofizzare il sé, eliminando il significato di cooperazione che è la consistenza del mondo integrato.
L’autorevolezza del Pontefice lo ha spesso portato a essere punto di riferimento, a volte unico, dì una laicità che non vuole sganciarsi dal sogno di costruire una società delle uguaglianze.
L’uomo solo al comando è una sorta di eredità del Novecento che ha prodotto desertificazione culturale e solitudine.
Non c’è un Io senza un noi consapevole. Non c’è futuro nella nicchia di egoismi utili solo a far perdere il rapporto con una realtà che oggi impone, dalla guerra alla povertà, il contributo della partecipazione.
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