“Una sentenza politica“, con queste parole Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, ha commentato la decisione che è stata presa nei confronti suoi e di otto eurodeputati del suo partito dal Tribunale di Parigi. “Credo che lo Stato di diritto sia stato completamente violato“, ha continuato la leader dell’estrema destra francese, sostenendo che quello odierno sarebbe “un giorno funesto per la democrazia“.
Al contempo, la magistrata del tribunale di Parigi Bénédicte de Perthuis, bersaglio di minacce e di numerosissimi messaggi minatori dopo che ieri ha condannato Marine Le Pen, è stata messa sotto scorta. Secondo fonti di polizia citate dal quotidiano Le Figaro, la giudice è stata posta sotto protezione e una pattuglia di agenti staziona dinanzi alla sua abitazione.
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In un messaggio pubblicato su X, il ministro della Giustizia, Géerald Darmanin, ha bollato come ”inaccettabili in democrazia” le minacce ”proferite” nei confronti dei magistrati del Tribunale di Parigi incaricati del processo.
In una nota diffusa dalla Corte d’Appello di Parigi, si prevede un possibile processo sul caso della leader di estrema destra con sentenza “nell’estate del 2026“. Nel mentre, secondo quanto riferito dall’emittente Bfmtv, il Raggruppamento Nazionale ha annunciato 10mila nuove iscrizioni al partito in seguito alla condanna della leader e che la petizione lanciata ieri sera a sostegno dell’esponente della destra francese ha raccolto già oltre 300mila firme.
Le Pen ha poi voluto spiegare, in un’intervista a TF1, che la sua decisione di lasciare l’aula prima della sentenza era dovuta al fatto di aver compreso già quale sarebbe stato il suo destino. “Il magistrato ha chiaramente dato per scontato che stava attuando l’esecuzione provvisoria dell’ineleggibilità per impedirmi di candidarmi alle elezioni presidenziali“, ha tuonato la leader, chiarendo che la legge applicata dal giudice sarebbe successiva ai fatti di cui sarebbe accusata, per cui la corte avrebbe applicato la sentenza con “l’esplicito intento di sbarrarle la corsa verso l’Eliseo“.
La leader di RN ha poi annunciato la sua volontà di fare ricorso, sottolineando che i giudici oggi avrebbero messo in pratica atti che potrebbero appartenere a regimi autoritari. “Siamo tutti innocenti“, ha poi ribadito Le Pen, chiarendo che come lei, milioni di francesi sarebbero “indignati“, in quanto privati della possibilità di votare il loro candidato. In questo senso, la leader francese ha sostenuto di sperare che il suo processo di appello si svolga rapidamente, così da permetterle di partecipare alle presidenziali del 2027.
“In genere ci vogliono dai 18 mesi ai due anni e sarà troppo tardi“, ha però riconosciuto, di fatto accusando nuovamente i giudici per la decisione presa. La leader di RN ha poi escluso la possibilità di chiedere la Grazia, in quanto questa implicherebbe che la decisione della corte sia definitiva. “Non mi lascerò eliminare in questo modo“, ha poi concluso, riconoscendo in Bardella ottime capacità, che però non dovrebbero essere usate in tempi troppo prematuri.
Meloni: “Nessuno può gioire di questa sentenza”
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato la sentenza del Tribunale di Parigi a Il Messaggero, sostenendo di non conoscere “il merito delle contestazioni mossa a Marine Le Pen“, ma di essere comunque convinta che ad oggi “nessuno che abbia a cuore la democrazia possa gioire di una sentenza che colpisce il leader di un grande partito e che toglie rappresentanza a milioni di cittadini“.
Il premier non si lascia andare ad ulteriori considerazioni, preferendo lasciare ad altri membri del governo le considerazioni più dure. Ieri, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha sostenuto che quella contro la leader del Rassemblement National sarebbe “una dichiarazione di guerra da parte di Bruxelles“, inserita all’interno di un contesto storico in cui “le pulsioni belliche di Von der Leyen e Macron sono spaventose“.
Bardella: “Ora non è il momento di parlare di chi sarà il candidato del 2027”
Il delfino di Marine Le Pen, Jordan Bardella, è tornato questa mattina a parlare della sentenza contro la leader del Rassemblement National, chiarendo che il partito continuerà a sostenere Le Pen, chiedendo che questa “ingiustizia” venga combattuta e risolta. In questo senso, quindi, il Presidente di RN non vuole dare inizio a riflessioni sul nuovo candidato per le presidenziali del 2027, nella speranza che la leader possa ancora partecipare.
Bardella ha poi ribadito che la sentenza sarebbe “sproporzionata e non in linea con la giurisprudenza del Consiglio costituzionale“, in quanto i giudici avrebbero “semplicemente deciso di eliminare la candidata di Rn dalla corsa all’Eliseo“, sottolineando come questa fosse di fatto la favorita. Secondo il presidente del partito di estrema destra, il clima nel Paese sarebbe “preoccupante“, soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei dettami democratici.
“Che razza di democrazia è questa?“, ha tuonato Bardella, ricordando come nel giro di pochi giorni la Francia abbia “chiuso il primo canale della Tnt” e abbia impedito di presentarsi alle elezioni presidenziali, senza possibilità di ricorrere in appello. “Faranno di tutto per impedirci di arrivare al potere“, ha concluso Bardella, sostenendo che il partito continuerà a lottare per la sua libertà.
La condanna di Marine Le Pen
Appropriazione indebita di fondi pubblici del Parlamento europeo, è l’accusa riconosciuta dal Tribunale di Parigi a carico di Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra, Rassemblement Nazional, e a otto eurodeputati del partito. L’accusa avrebbe chiesto 5 anni di cui 3 con la condizionale e l’ineleggibilità con effetto immediato, senza attendere i successivi gradi di giudizio. Una pena che impedirebbe alla candidata di proporsi all’Eliseo nel 2027. Con la condanna emessa, la sanzione si applicherà immediatamente anche in caso di ricorso, impedendo così alla parlamentare del Pas-de-Calais di rappresentare il Raggruppamento Nazionale alla prossime elezioni.
La sentenza è stata emessa a carico anche di dodici persone riconosciute colpevoli nell’ambito del processo sul caso degli assistenti degli eurodeputati del RN. I 12 imputati erano stati assunti come assistenti parlamentari, quindi pagati dal Parlamento europeo di Strasburgo, ma in realtà sembrerebbe, secondo quanto esposto dai pubblici ministeri, che abbiano lavorato per il partito di estrema destra.
Da qui il caso, in quanto lo statuto del Parlamento vieta categoricamente che i fondi versarti ai deputati per assumere assistenti siano usati per finanziare l’attività politica nazionale. Tra gli imputati figurano diversi dirigenti del partito di Le Pen, come un esponente storico, sindaco di Perpignan, Louis Aliot, nonché ex suo compagno, e l’avvocato Wallerand de Saint-Just, l’ex tesoriere del Rassemblement National.
Il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha criticato duramente la decisione dei giudici francesi, sostenendo che oggi ad essere “ingiustamente condannata” non è stata solo Le Pen ma anche la democrazia francese. Un commento che è stato seguito dall’Ashtag “JeSoutiensMarine“, ovvero “Io sostengo Marine“.
Le reazioni della politica internazionale
La decisione del tribunale francese ha ovviamente scatenato una risposta immediata da parte della politica internazionale, in particolare quella vicina alle posizioni politiche di Marine Le Pen.
Il vicepremier ha poi continuato, dichiarando che, dal suo punto di vista, i giudici di Parigi starebbero tentando di escludere Le Pen dalla vita politica, in quanto “chi ha pura del giudizio degli elettori, si fa rassicurare dal giudizio dei tribunali“. Durissima anche la reazione del Cremlino, che ha definito la condanna della leader francese una “violazione delle norme democratiche“.
Anche il premier ungherese, Viktor Orban, ha deciso di inserirsi nella questione, esprimendo solidarietà nei confronti di Marine pubblicando su X un breve messaggio che riprende lo slogan usato in favore del settimanale satirico francese Charlie Hebdo dopo l’attentato terroristico del 2015: “Je suis Marine“. Gli Usa hanno invece dichiarato che l’esclusione di candidati dalla politica è “preoccupante“.
Le indagini su Le Pen
Gli inquirenti hanno stimato che i fondi europei impropriamente usati risalirebbero ad un periodo temporale compreso fra il 2004 e il 2016 e ammonterebbero ad un totale di 2,9 milioni di euro. La procura però sospetta che questa sia solo la punta dell’iceberg di un “sistema di appropriazione indebita” dei fondi per “far risparmiare” il Rassemblement National. Sistema che a detta del Tribunale sarebbe stato attuato sotto la direzione di Jean-Marie Le Pen, ovvero padre della leader francese nonché uno dei più influenti politici di estrema destra degli ultimi decenni.
Così, si pensa che Marine Le Pen abbia “preso in gestione” questo “sistema” quando è subentrata al padre deceduto lo scorso gennaio, prendendo le redini del partito nel 2011 e ricoprendo, secondo gli inquirenti, un ruolo cardine nell’attuazione. Le indagini sono iniziate nel 2016, dopo le elezioni europee del 2014, grazie alle quali il FN si ampliò raggiungendo i 23 europarlamentari.
Proprio nel 2014, l’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ricevette delle indiscrezioni in merito a possibili irregolarità nei contratti degli assistenti parlamentari del Front National, e nel febbraio del 2015 i sospetti furono alimentati dalla pubblicazione di un organigramma ufficiale emesso dal partito che prevedeva 16 deputati europei e 20 assistenti parlamentari con responsabilità di gestione interna.
Il futuro politico di Le Pen
La decisione del Tribunale, con molta probabilità, inciderà notevolmente sul futuro politico di Le Pen, considerando anche i sondaggi Ifop che al momento la vedono come favorita al primo turno delle prossime presidenziali. Difatti, qualunque siano le ipotesi apposte a sinistra e per il blocco centrale, Marine Le Pen uscirebbe trionfante dalle elezioni, raccogliendo tra il 34% e il 37% delle intenzioni di voto.
Nonostante sia presto per prendere troppo alla lettera i sondaggi, occorre tenere a mente che il Rassemblement National non è mai stato così apprezzato oltre ad essere stato il singolo partito più votato alle elezioni legislative dello scorso anno che sono state vinte dalla coalizione di sinistra del Nuovo Fronte Popolare, alleatosi prima del secondo turno con la coalizione di stampo centrista dell’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron.
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