Kamala Harris: 60 anni tra attivismo e politica

La sua potenziale elezione come prima donna presidente degli Stati Uniti rappresenterebbe un passo storico

Redazione
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Il 20 ottobre 1964 nasce Kamala Harris, il cui nome significa “fiore di loto”. Figlia di Shyamala Gopalan, un’indiana di Chennai, e di Donald Harris, giamaicano, Kamala cresce in un contesto multiculturale e dinamico. Dopo tre anni dalla sua nascita, arriva la sorella, ma il matrimonio dei genitori finisce nel 1971. Oggi, a 60 anni, Kamala è in lizza per diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti, un traguardo che testimonia un percorso ricco di sfide e successi.

Kamala Harris: la sua storia

Negli anni ’70, Kamala vive a Berkeley con la madre e la sorella. La famiglia è profondamente radicata in un ambiente di attivismo, che si estende dalla nonna materna Rajam agli amici della madre. La comunità afroamericana accoglie con calore le tre donne, creando un forte senso di appartenenza. Kamala inizia a partecipare a marce per i diritti civili e il diritto di voto, a volte persino nel passeggino. Queste esperienze precoci plasmano il suo futuro e la sua visione politica.

Dopo la separazione dei genitori, Shyamala e le figlie si trasferiscono in una zona di Berkeley nota come “flatlands”, un quartiere di famiglie operaie, dove l’impegno per il lavoro e la solidarietà reciproca sono fondamentali. Qui, Kamala canta nel coro gospel della chiesa e partecipa a un programma di desegregazione che prevede l’uso di un autobus per mescolare studenti di diverse origini. Sebbene quest’iniziativa sia criticata da molti bianchi, tra cui un giovane Joe Biden, è cruciale per la sua formazione.

Nel 1976, Shyamala ottiene un incarico come ricercatrice a Montreal, portando la famiglia in Canada. Kamala si diploma lì e successivamente torna negli Stati Uniti per studiare economia e scienze politiche alla Howard University di Washington. Prosegue poi con la giurisprudenza all’Hastings College di San Francisco, dove si laurea nel 1989. Inizia la sua carriera come stagista nell’ufficio del Procuratore distrettuale della Contea di Alameda.

Nel 2003, Kamala viene eletta Procuratore di San Francisco, diventando la prima donna di colore a ricoprire questo ruolo. La sua carriera continua a crescere, e viene eletta per due mandati come Procuratore generale della California. La sua ascesa politica è caratterizzata da un forte impegno per la giustizia sociale e l’uguaglianza.

Nel 2014, Kamala sposa Doug Emhoff, un avvocato d’affari, in una cerimonia intima officiata dalla sorella Maya. Emhoff, che ora la supporta come “second gentleman” alla Casa Bianca, ha due figlie da un precedente matrimonio, creando una nuova dinamica familiare.

L’era di Donald Trump ha rappresentato un punto di svolta nella carriera di Kamala. La sua retorica divisiva ha fatto emergere la necessità di una figura come la sua, impegnata nella lotta contro ogni forma di discriminazione e violazione dei diritti. Le sue battaglie per le donne, le persone a basso reddito e le minoranze etniche l’hanno resa un punto di riferimento nella lotta per l’uguaglianza.

Le proteste razziali scatenate dalla morte di George Floyd nel 2020 hanno ulteriormente elevato la sua posizione. Kamala diventa candidata vicepresidente insieme a Joe Biden durante la campagna elettorale. La sua candidatura è sostenuta da leader religiosi delle principali chiese afroamericane, che vedono in lei una rappresentante capace di portare avanti le istanze della comunità.

Oggi, Kamala Harris non è solo una figura politica, ma un simbolo di speranza e cambiamento. La sua storia, che abbraccia culture diverse e affronta sfide significative, continua a ispirare molte persone in tutto il mondo. La sua potenziale elezione come prima donna presidente degli Stati Uniti rappresenterebbe un passo storico, non solo per il paese, ma per il progresso verso una società più giusta e inclusiva.

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