Dietro front del Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, sulla nomina del nuovo capo dello Shin Bet, i servizi segreti di Israele. Il leader israeliano ha annunciato un suo ripensamento in merito al comunicato diffuso ieri che annunciava la sua scelta “dopo aver condotto ampi colloqui con sette candidati qualificati”. La nomina come prossimo direttore dello Shin Bet, era stata affidata all‘ex comandante della Marina, ammiraglio (in riserva) Eli Sharvit, ma a quanto pare non ha soddisfatto a pieno i gusti di Netanyahu.
Così, stando ad una nota dell’ufficio dell’amministrazione israeliana, il Primo Ministro “ha ringraziato il vice ammiraglio per la sua disponibilità, ma lo ha informato che, dopo un’ulteriore riflessione, intende intervistare altri candidati“.
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La ricerca di una nuova nomina arriva dopo le gravi tensioni che hanno attraversato il Paese dopo la decisione del premier di licenziare Ronen Bar, accusato dal governo di aver attentato alla sicurezza nazionale non prevedendo l’attacco del 7 ottobre. La destituzione di Bar, inoltre, è legata anche alle possibili implicazioni dell’ex capo dello Shin Bet nello scandalo del Qatargate, per il quale sono in corso indagini.
La Corte Suprema israeliana si era manifestamente opposta al licenziamento, sospendendolo in attesa di esaminare i ricorsi delle opposizioni contro la decisione del governo. Intanto il Paese è stato attraversato da proteste e manifestazioni contro il governo che hanno infiammato le piazze di Tel Aviv e Gerusalemme. La Corte è chiamata comunque a pronunciarsi sul provvedimento del premier contro Bar entro l’8 aprile.
La “linea dura” di Israele contro Hamas: resa e consegna ostaggi
La furia israeliana su Gaza non accenna ad arrestarsi, neanche nel primo giorno di Eid al-Fitr, la festività musulmana che segna la fine del mese di digiuno del Ramadan. Negli ultimi raid su Khan Younis, precisa il Nasser Hospital, sono state uccise più di 17 persone, in prevalenza donne e bambini. Israele ha colpito anche rifugi e tende per sfollati, e, come ammesso esplicitamente dall’Idf, ha sparato colpi su alcune ambulanze identificate come “veicoli sospetti”, uccidendo 14 persone.
L’obiettivo dello Stato ebraico sembra chiaro: il massacro non finirà fintanto che Hamas, si arrenderà e rilascerà gli ostaggi rimanenti. “Stiamo negoziando sotto il fuoco e possiamo osservare delle brecce che si aprono“, ha dichiarato Netanyahu durante una riunione di gabinetto. La nuova proposta per il cessate il fuoco presentata dagli Usa e dai mediatori di Egitto e Qatar è stata accettata da Hamas, che però ha ribadito di non voler deporre le armi. Israele insiste per ottenere il rilascio di 10 dei 24 prigionieri ancora detenuti nella Striscia, anziché i 5 proposti da Hamas.
Mercoledì la visita in Ungheria per discutere del futuro di Gaza
Mercoledì Netanyahu sarà in visita a Budapest da Orban, sfidando la Corte penale internazionale, che, com’è noto, ha disposto un mandato d’arresto nei suoi confronti. Il premier ungherese ha garantito che non darà seguito agli ordini dei giudici dell’Aja, sebbene dovrebbe in quanto il Paese è fra i firmatari del Trattato di Roma. Fin dal primo momento Orban aveva definito “vergognose” le accuse di crimini contro l’umanità rivolte dalla Corte a Netanyahu, e, chiarendo di non essere obbligato dalla Costituzione ad arrestarlo, lo aveva invitato a Budapest.
Il leader israeliano perciò vede in Orban un sicuro alleato in occidente, motivo per cui coglierà l’occasione di discutere con lui dei prossimi piani per il futuro della Striscia di Gaza. Fra gli obiettivi fondamentali volti a “garantire la sicurezza” nel territorio, vi è per Netanyahu l’attuazione del piano Trump per la migrazione volontaria. Di vitale importanza, perciò, assicurarsi l’appoggio a livello internazionale sulla proposta in questione. La visita in Ungheria di mercoledì rappresenta anche un primo passo in questa direzione
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