Nahid Taghavi, la cittadina tedesco-iraniana detenuta nel carcere di Evin dall’ottobre 2020, è stata rilasciata. Lo ha confermato sua faglia, Mariam Claren, che da sempre ha lottato per la liberazione di sua madre, sostenendo che la donna abbia fatto ritorno in Germania già ieri. Taghavi ha oggi 70 anni e le sue condizioni di salute si sono deteriorate notevolmente, a causa delle condizioni di detenzione a cui è stata sottoposta. Il carcere di Evin è divenuto tristemente noto anche in Italia a causa della detenzione della reporter Cecilia Sala, che vi è stata rinchiusa per 21 giorni, prima del ritorno in Italia la scorsa settimana.
Iran, cosa sappiamo della detenzione di Nahid Taghavi
Secondo quanto dichiarato dalla figlia di Taghavi, sembra che questa sia stata arrestata a Teheran il 16 ottobre 2020 “esclusivamente per aver esercitato pacificamente i suoi diritti umani“, come riporta anche l’associazione per i diritti umani Amnesty International. Da quel momento è iniziato un incubo, fatto di detenzioni in isolamento, condizioni di vita pessime e la consapevolezza di essere in carcere per aver tentato di modificare il punto di vista di un regime.
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Nell’agosto 2021, poi, Taghavi è stata ufficialmente condannata a 10 anni e 8 mesi di carcere per accuse legate alla sicurezza nazionale, da lei sempre respinte e negate. Secondo Teheran, infatti, la 70enne era a capo di un gruppo illegale che aveva l’obiettivo di rovesciare lo Stato. A causa delle sue condizioni di salute precarie, sembra che il 9 gennaio 2024, la donna fosse stata trasferita agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ma poi riportata in carcere dopo soli 50 giorni. Lo scorso settembre, sempre a causa della salute precaria, Taghavi è stata nuovamente posta agli arresti domiciliari.
Ieri, invece, è giunta la scarcerazione e il ritorno immediato in Germania. All’aeroporto di Colonia-Bonn ad attenderla c’era proprio sua figlia, che ha quindi potuto riabbracciare dopo ben quattro anni di distanza. La commovente foto delle due donne insieme ha in breve fatto il giro del mondo.
La condanna a morte di Pakhshan Azizi
La storia di Nahid Taghavi ha quindi avuto una sorta di lieto fine, al contrario di quella di Pakhshan Azizi, attivista curda detenuta anche lei nel carcere di Evin dalla agosto del 2023. La donna, di soli 40 anni, è stata ritenuta colpevole di ribellione e proprio per questo ieri è stata confermata la sua condanna a morte.
Nonostante gli sforzi del suo avvocato, che ha chiesto il ricorso contro la scelta del tribunale di Teheran, sembrerebbero non esservi speranze per la donna, creduta parte di gruppi armati curdi fuorilegge che operano nella regione. La 40enne ha però sempre respinto le accuse. L’associazione Amnesty International ha definito il processo a cui è stata sottoposta Azizi come “gravemente ingiusto“, in quanto essa sarebbe solamente un’operatrice umanitaria e attivista della società civile.
Secondo i rapporti di Amnesty, la 40enne è stata sottoposta a “sparizione forzata“, oltre a “torture e maltrattamenti durante gli interrogatori“. Inoltre, secondo il suo avvocato, la corte non avrebbe mai prestato attenzione alle prove sulle attività pacifiche portate avanti dalla donna nel Paese.
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