Harris scende nei sondaggi: la stanchezza democratica fa gioco a Trump

La sfida che Harris e il partito democratico si trovano ad affrontare è cruciale. Per recuperare il terreno perduto, è essenziale che la campagna si concentri su questioni concrete

Redazione
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La fase iniziale di entusiasmo attorno alla figura di Kamala Harris sembra essere giunta al termine, e i sondaggi lo confermano. Man mano che ci avviciniamo alle elezioni presidenziali del 2024, la situazione si fa sempre più complessa per la vicepresidente. Attualmente, secondo la supermedia del portale FiveThirtyEight, Harris ha un vantaggio nazionale di 2,6 punti, con il 48,5% dei consensi contro il 46% di Donald Trump. Tuttavia, è cruciale guardare oltre il dato nazionale e analizzare i risultati nei cosiddetti Stati in bilico, dove si decideranno le sorti della presidenza.

La mappa elettorale è rivelatrice: in Wisconsin, Harris è in vantaggio (49% a 48%), mentre in Michigan c’è parità (48% a 48%). In Pennsylvania, Harris mantiene un lieve vantaggio (49% a 48%), mentre in Nevada siamo di nuovo in parità (48% a 48%). Tuttavia, Trump si mostra in vantaggio in alcuni Stati cruciali: in Arizona, guida con il 49% contro il 47% di Harris; in Georgia e North Carolina, entrambi con un vantaggio di Trump di 49% a 48%. Questi dati evidenziano quanto sia sottile il margine di vittoria e come, attualmente, Harris si trovi in una posizione precaria.

Harris vs Trump: lo scenario

A complicare ulteriormente la situazione per i Democratici è il sistema del collegio elettorale. Dal 2000, con la controversa vittoria di George W. Bush su Al Gore, i repubblicani hanno dimostrato di saper vincere anche senza ottenere la maggioranza dei voti popolari. Questo fenomeno è stato reso evidente nel 2016, quando Trump sconfisse Hillary Clinton in un’elezione che ha lasciato un segno profondo nella storia politica americana. Gli esperti hanno stabilito che per i Democratici è fondamentale ottenere un margine di almeno 3 punti a livello nazionale per sperare di vincere, e ora Harris si trova a dover affrontare una sfida decisiva.

Le difficoltà di Harris sono amplificate da fattori sia contingenti che più profondi. In primo luogo, la vicepresidente è un membro chiave dell’amministrazione Biden, e molti elettori le attribuiscono la responsabilità di una gestione insoddisfacente su due temi cruciali: l’economia e l’immigrazione. Nonostante i dati macroeconomici segnalino un Paese in salute, con un PIL in crescita e un mercato del lavoro robusto, molti americani percepiscono l’inflazione come un problema persistente, portandoli a rimpiangere la stabilità del periodo Trump.

L’immigrazione è un altro punto dolente. Con l’allentamento delle restrizioni imposto durante la pandemia, l’amministrazione Biden ha visto un incremento significativo degli ingressi, sia regolari che irregolari. Questo ha sollevato preoccupazioni tra gli elettori, specialmente nelle comunità afroamericane e ispaniche, che temono che l’immigrazione irregolare possa influire negativamente sul mercato del lavoro e sull’economia locale. Di conseguenza, Harris si trova a dover affrontare critiche proprio da quei segmenti di popolazione che dovrebbero costituire la base del suo sostegno.

In un contesto più ampio, la stanchezza del Paese verso i Democratici rappresenta un ulteriore ostacolo. Da quando Barack Obama ha assunto la presidenza nel 2008, i Democratici hanno governato per 12 anni, mentre i repubblicani solo per quattro. Il lungo periodo di governo ha portato a una crescente disillusione tra gli elettori, che ora si sentono privati della speranza di un cambiamento reale. Le promesse di trasformazione si sono spesso tradotte in una mancanza di azione concreta, portando a una percezione di inefficacia e stagnazione.

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