Le celebrazioni di Hamas per il rilascio degli ostaggi israeliani non si sono fermate neanche di fronte ai corpicini di Ariel e Kfir Bibas, i due piccoli cittadini israeliani rapiti insieme ai genitori il 7 ottobre 2023 e uccisi con la mamma nel corso della prigionia. Il palco allestito a Khan Younis ha ospitato l’ennesima messa in scena, finalizzata a mandare un messaggio ad Israele e al mondo intero: Hamas non si arrende.
Così, se nelle scorse settimane i vari palchi allestiti nelle zone individuate per il rilascio sono serviti per far salire gli ostaggi vivi e farli ammirare alla folla di persone accorse, oggi quella stessa costruzione ha ospitato quattro bare nere. Si tratta dei corpi degli ostaggi che sono stati uccisi da Hamas e che oggi saranno restituiti alla loro patria.
“Siamo tutti furiosi con le bestie di Hamas“, ha tuonato il premier israeliano, commentando quanto avvenuto questa mattina a Khan Younis. Netanyahu sembra sempre più infastidito dalle modalità con cui l’organizzazione palestinese porta avanti le operazioni di rilascio degli ostaggi e sembrerebbe anche pronto a prendere provvedimenti.
“Le quattro bare dei nostri cari ci obbligano, più che mai, a garantire, a giurare, che ciò che è accaduto il 7 ottobre non accadrà mai più“, ha sostenuto il capo del governo, prima di pronunciare una nuova minaccia nei confronti di Hamas: “Ci obbligano a fare i conti con gli assassini infami, e faremo i conti con loro“.
Herzog: “Israele vi chiede scusa”
Se le parole di Benjamin Netanyahu hanno assunto il tono della rabbia e della vendetta, quelle del presidente israeliano, Isaac Herzog, sono impregnate di dolore e disperazione. “A nome dello Stato di Israele, chino la testa e chiedo perdono. Perdono per non avervi protetti in quel giorno terribile. Perdono per non avervi riportati a casa sani e salvi“, ha infatti scritto il capo dello Stato su X, manifestando tutto il rammarico per quanto accaduto.
Israele ha inoltre protestato con i Paesi mediatori e con la Croce Rossa per quanto è stato messo in atto oggi, definendolo una violazione degli di rispetto per i defunti che sono stati presi tra le due Nazioni.
Chi sono i quattro ostaggi restituiti cadavere
Ariel, Kfir e Shiri Bibas, insieme all’84enne Oded Lipshitz, rapito dal kibbutz in cui viveva al confine con la Palestina, sono tornati in Israele senza vita, pianti dalle loro famiglie e dall’intera Nazione. Le foto dei piccoli fratellini, rapiti a 4 anni e 9 mesi di età, sono divenute il simbolo di questa guerra. Per ben 16 mesi, lo Stato ebraico ha sperato di vederli tornare in vita insieme ai loro genitori, pronti a riprendere in mano la loro esistenza.
L’unico superstite è invece il loro papà, liberato la scorsa settimana ed ora devastato dalla consapevolezza di aver perso la sua intera famiglia. Solo ieri è giunta la conferma ufficiale di Israele dell’identità dei quattro corpi riconsegnati oggi. Ogni speranza si è dunque infranta contro la dura realtà di un conflitto che per ora ha provocato una strage di innocenti, lasciando devastazione e morte dietro di sé.
La cerimonia sul palco di Hamas
Le immagini della consegna delle bare non sono state mostrare in diretta dalle emittenti israeliane, in segno di rispetto per i famigliari delle vittime. Quelle diffuse dall’esercito dalla stampa araba, invece, si sono concentrate proprio sulla disposizione dei quattro feretri sul palco, posti di fronte ad un manifesto di grandi dimensioni e raffigurante il premier israeliano Benjamin Netanyahu con le sembianze di un vampiro.
Ad accompagnare l’immagine una scritta riportata in arabo, ebraico ed inglese: “Il criminale di guerra Netanyahu e il suo esercito li hanno uccisi con i missili e gli aerei da guerra sionisti“. Uno scarico di responsabilità che vuole sottolineare come ogni decesso da parte israeliana sia diretta conseguenza della volontà dello Stato ebraico di dare inizio ad una guerra contro l’organizzazione di Hamas in Palestina.
A seguito della cerimonia, a cui hanno partecipato centinaia di civili e soldati, le quattro bare sono state consegnate alla Croce Rossa, che le ha poi trasferite alle Forze di difesa israeliane. Da quanto si apprende, prima dell’arrivo delle salme ai famigliari, è stato lo stesso esercito a procedere con una cerimonia militare al fine di trasferire i corpi in delle bare con la bandiera israeliana.
Sembrerebbe che le quattro bare siano state chiuse a chiave da Hamas. I militari prima di procedere all’apertura forzata, in quanto non in possesso delle chiavi, hanno effettuato le operazioni necessarie a comprendere se nelle base potessero essere presenti degli esplosivi. “Il cuore di tutto il mondo deve spezzarsi, perché qui vediamo con chi abbiamo a che fare“, ha tuonato Benjamin Netanyahu, commentando quello che è stato definito “un giorno di dolore“.
Hamas vuole rassicurazioni sulla fase due
Il rilascio dei quattro corpi e la macabra cerimonia di Hamas arriva a pochi giorni dalla fine della fase uno della tregua in Medio Oriente. Il prossimo sabato l’organizzazione procederà al rilascio degli ultimi 6 ostaggi israeliani, ponendo quindi definitivamente fine alla prima parte dell’accordo e riaprendo alla possibilità di un nuovo inizio delle ostilità. Il timore dei palestinesi, infatti, è che Israele possa decidere di ricominciare gli attacchi a seguito della consegna definitiva di tutti gli ostaggi.
Nelle mani di Hamas sono rimasti 70 dei 251 ostaggi totali di questo conflitto e l’organizzazione terroristica si è detta pronta a liberarli tutti in un’unica tranche nel corso della fase due del processo di pacificazione. La proposta, secondo l’alto funzionario Taher al-Nunu, è necessaria a confermare la serietà e la disponibilità della fazione palestinese a compiere ulteriori passi verso il consolidamento del cessate il fuoco e il successivo raggiungimento di una tregua sostenibile.
Da quanto si apprende, le trattative delle due fazioni dovrebbero riprendere nei prossimi giorni. Il nodo cruciale da risolvere, però, riguarda la posizione di Israele sui miliziani di Hamas nel territorio. “Non accetteremo alcuno scenario in cui i gruppi terroristici armati restino nell’enclave“, ha dichiarato il ministro degli Esteri Gideon Saar, sottolineando come il destino del cessate il fuoco sia di fatto ancora appeso a un filo.
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