Sale a cinque il numero dei neonati deceduti a Gaza per il freddo nel giro di una settimana. L’irrigidirsi delle temperature, unito alle drammatiche condizioni di vita nelle tendopoli, ha causato la morte di diversi bambini, fra cui alcuni di solo pochi giorni.
Secondo l’agenzia palestinese Wafa, il neonato morto oggi a Deir al-Balah a causa del gelo si chiamava Jumaa Al-Batran. Era nato un mese fa, col suo fratellino gemello Ali, anche lui attualmente in condizioni piuttosto gravi. Secondo fonti mediche, il calo delle temperature ha determinato nell’ultima settimana la morte di almeno altri 4 neonati a Gaza. L’età dei bambini deceduti in modo simile a Jumaa Al-Bartran è compresa tra 4 e 21 giorni.
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La situazione in cui versano le famiglie palestinesi mostra tutta la sua drammaticità in questi eventi che, è prevedibile, sono destinati a non rimanere casi isolati. L’avanzare del freddo rende ancor più precario uno scenario in cui la guerra, la fame e le terribili condizioni igienico-sanitarie sono la realtà quotidiana per molti bambini da ormai 14 mesi.
Gaza nord senza ospedali dopo l’ultimo raid israeliano
Ad aggravare di giorno in giorno la situazione della popolazione palestinese è la precarietà delle strutture sanitarie, ridotte ormai allo stremo delle forze. Di due giorni fa la notizia dell’ultimo raid di Israele sull’ospedale Kamal Adwan che, a seguito dell’attacco, come dichiarato dall’Oms, è “fuori servizio“. Si trattava dell’ultimo ospedale rimasto nella zona nord di Gaza e ospitava circa 350 persone.
L’esercito israeliano ha giustificato l’attacco sostenendo che all’interno della struttura vi fosse “un centro di comando di Hamas”, e ha annunciato di aver arrestato “oltre 240 terroristi” fra cui il direttore dell’ospedale Hossam Abou Safiya, trattenuto per essere interrogato. Alla fine dell’operazione il bilancio dei morti supera le 50 unità.
In un comunicato pubblicato anche su X, l’Oms ha sottolineato che i pazienti più gravi che si trovavano a Kamal Adwan sono stati trasferiti presso l’ospedale Indonesiano, anch’esso distrutto e privo di servizi. L’Organizzazione ha quindi espresso “profonda preoccupazione“ nei confronti di queste vite, ormai sempre più in pericolo.
Il raid israeliano, aggiunge l’Oms, “arriva a seguito di restrizioni crescenti all’accesso per l’Oms e per i suoi partner, e dopo ripetuti attacchi diretti sui servizi sanitari o presso di essi. Simili ostilità e i raid stanno vanificando tutti i nostri sforzi e il nostro aiuto per mantenere una minima funzionalità dei servizi“.
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