Etiopia: bombe su un’area residenziale civile e un asilo

S. R.
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La ripresa delle azioni militari sancisce la fine della tregua e aggrava il bilancio di un disastro umanitario che va avanti ormai da 2 anni

Dopo aver concesso 5 mesi di tregua, sta registrando una nuova fiammata la guerra civile etiopica, scoppiata nel novembre di 2 anni fa nella regione del Tigrè e da molti vista come lo scontro tra il tentativo di superare l’attuale federalismo etnico e le resistenze dell’etnia tigrina che, pur costituendo solo il circa 6% dei quasi 120 milioni di etiopi non si rassegna a un ridimensionamento dell’egemonia politico-economica esercitata sull’intera Etiopia.

Le forze aeree etiopi del primo ministro e, difficile a credersi, Premio Nobel per la Pace 2019 Abiy Ahmed bombardano Macallè, capoluogo dell’etnia ribelle, mietendo tra le vittime, secondo un bilancio contestato da Addis Abeba, anche 2 bambini.

Colpiti anche un’area residenziale e un asilo

A essere colpiti, secondo un portavoce del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (Tpif) sono stati, verso mezzogiorno, «un’area residenziale civile e un asilo».

Sono morte almeno 4 persone, tra cui 2 bambini, e 9 sono rimaste ferite. Questo il bilancio riportato dal direttore sanitario del principale nosocomio di Macallè, Kibrom Gebreselassie.

Il governo ammette di aver piuttosto compiuto «azioni contro le forze militari», per reazione ad attacchi del Tpif, e ha inviato per questo gli abitanti del Tigrè a tenersi lontani da aree dove si trovano attrezzature militari e strutture di addestramento della formazione ribelle.

L’esecutivo smentisce poi, tramite una nota ufficiosa, le accuse tigrine di un bombardamento su zone residenziali con vittime i civili: le sacche per cadaveri mostrate in quelle zone sarebbero una messa in scena e a essere presi di mira sarebbero stati solo obbiettivi militari.

Vero o no che sia, il bombardamento peggiora una situazione già grave

L’azione arriva comunque dopo 2 giorni dalla ripresa dei combattimenti tra forze governative e il Tpif, al confine sud-orientale della regione ribelle al nord dell’Etiopia, e coi quali si è posto fine alla tregua iniziata a marzo.

Dall’altro ieri molti Paesi e organizzazioni internazionali, con Onu, Stati Uniti e Unione Europea in testa, hanno chiesto una cessazione delle ostilità e una soluzione pacifica del conflitto, che da quando è scoppiato, nel novembre 2020, ha causato diverse migliaia di vittime e più di 2 milioni di sfollati; centinaia di migliaia di etiopi sono inoltre precipitati in condizioni che le Nazioni Unite riconoscono come prossime alla fame.

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