Draco, Orso e Dragone: il nucleare porta dritti su Marte 

Davide Urso
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Il programma Usa mira a sviluppare e costruire un prototipo di motore a propulsione termica per i futuri viaggi oltre l’orbita terrestre e interplanetari. Obiettivo: testarlo in orbita nel 2026

Il 4 maggio 2022 alle 11:11 orario di New York, il Dipartimento della Difesa (DoD) del Governo USA (in particolare l’Agenzia DARPA) ha pubblicato la Notice ID HR001122S0035 “Demonstration Rocket for Agile Cislunar Operations (DRACO) Phase 2 and Phase 3”. Il programma DRACO mira a sviluppare e costruire un prototipo di motore a propulsione termica nucleare (NTP) per i futuri viaggi oltre l’orbita terrestre e interplanetari e testarlo in orbita nel 2026.

Durante la Fase 1, la General Atomics (GA), appaltatore principale, ha sviluppato il design del reattore nucleare per uso spaziale. Blue Origin e Lockheed Martin hanno realizzato il design delle navicelle prototipali. La Fase 2 completerà la progettazione preliminare ed esecutiva di un sistema dimostrativo legato al sottosistema di propulsione e la costruzione e validazione sperimentale del motore NTP. La Fase 3 vedrà il test di volo in orbita a piena potenza di un razzo spaziale NTP.

Tecnicamente i motori a propulsione termica nucleare sono la migliore alternativa ai propulsori attuali (chimici e sistemi elettrici) per i viaggi spaziali. L’idea è quella di mantenere inalterato il funzionamento di un razzo attraverso una spinta da un gas di scarico espulso attraverso un ugello in direzione opposta a quella di marcia, modificando la produzione del gas di scarico, massimizzando l’efficienza, riducendo il tempo di volo, aumentando il rapporto spinta/peso, massimizzando la sicurezza in quanto tecnologia collaudata e consolidata nel tempo.

Nello specifico, un piccolo reattore nucleare a fissione a bordo scalda il propellente (idrogeno liquido) espellendolo dalla parte posteriore del razzo producendo una spinta. Un motore NTP è 2-5 volte più efficiente di un motore chimico e genererebbe un rapporto spinta/peso fino a 10.000 volte maggiore rispetto a quello di un motore elettrico. In altre parole, un sistema NTP unirebbe la capacità di spinta della propulsione chimica con un’efficienza almeno doppia. Ciò permette una riduzione di oltre la metà della durata del viaggio Terra-Luna e Terra-Marte.

Soprattutto, si realizzerebbe la manovrabilità rapida nello spazio cislunare, attraverso una migliore versatilità sistemica, agilità e velocità di navigazione all’interno del dominio spaziale e non solo su terra, mare e aria. Si tratta del principio strategico fondamentale delle moderne operazioni del DoD e ritenuto fino ad oggi di estrema difficoltà e troppo rischioso proprio a causa dei compromessi imposti dai convenzionali sistemi di propulsione spaziale. A ciò va aggiunto che le capacità propulsive offerte dall’NTP consentirebbero agli USA di mantenere la consapevolezza del dominio spaziale nella regione cislunare e oltre, rimodellare i propri interessi nello Spazio (anche profondo) ed espandere missioni spaziali umane di lunga durata.

La corsa strategica verso lo spazio

Si tratta di una corsa strategica. La grande esperienza di GA nei combustibili nucleari e nei materiali avanzati (grazie anche ai 66 reattori TRIGA in tutto il mondo) rappresenta un vantaggio importante. Inoltre, vi sono analisi in corso se impiegare razzi già esistenti almeno per le prove tecniche di lancio in orbita. Allo stato attuale, il vettore dovrebbe garantire l’uso dell’idrogeno liquido per il secondo stadio e una capacità di carico adeguata. Il famoso Falcon 9 di SpaceX di Elon Mask sembra quindi fuori gioco.

Da decenni i motori a propulsione nucleare riscontrano ampio interesse da parte di USA, Russia e Cina. Gli USA, in particolare, hanno studiato sistemi NTP già nel 1944 come spin-off del progetto Manhattan. Fino agli anni Settanta, gli USA hanno sviluppato diversi prototipi di razzi NTP: il NERVA NRX era il più avanzato, parte di un programma missilistico nazionale avviato nel 1963 per sviluppare un sistema NTP che potesse consentire un rapido trasporto verso la Luna, Marte ed altri luoghi nello spazio profondo, nell’ambito del programma Rover della NASA iniziato nel 1953. Nel luglio 1968 si effettuò a Los Alamos un test positivo di 12,5 minuti del reattore Phoebus-2A, il più potente reattore nucleare mai costruito che raggiunse una potenza di 4.080 megawatt.

La positiva conclusione dei test Phoebus-2A è stata una pietra miliare nella tecnologia dei razzi nucleari grazie alla capacità funzionale ad alta potenza dimostrata. Restavano alcuni problemi, in particolare nell’area della longevità del carburante e della capacità di resistenza a temperatura (beninteso, tutti risolti negli anni successivi), ma la fattibilità della propulsione spaziale nucleare termica era stata dimostrata in modo scientifico. I programmi NERVA / Rover furono cancellati nel 1973 e nessun prototipo NTP fu testato in orbita principalmente per motivi di priorità strategica, crescenti preoccupazioni ambientali per l’uso del nucleare, la perdita d’interesse pubblico e politico in missioni con equipaggio su Marte e l’uso crescente di robot a basso costo senza pilota. In parallelo, si sono portate avanti ricerche nell’ambito del programma NTREES (Nuclear Thermal Rocket Element Environmental Simulator) per lanciare in orbita con razzi chimici veicoli a propulsione nucleare, i quali accenderebbero il reattore solo nello spazio.

Le prospettive della Russia

Anche la Russia produsse un motore NTP per uso spaziale: RD-0410. Testato negli anni Ottanta a Semipalatisk, pur dimostrando prestazioni superiori al NERVA NRX e un impiego fino a Marte con equipaggio umano, non fu mai reso operativo, principalmente per evitare il rischio unanimemente condiviso di innescare una corsa alla militarizzazione nucleare dello spazio. Inoltre, la russa Roskosmos sta portando avanti programmi per l’uso del nucleare nel dominio spaziale, primi fra tutti i programmi Transport and Energy Module (TEM) e Nuklon, con l’obiettivo del primo test di volo orbitale entro il 2030 e dotare i moduli da carico pesanti di una capacità di viaggiare fino ai confini più remoti del Sistema Solare ed oltre.

Nel 2017, la Cina ha pubblicato la Roadmap per il trasporto spaziale. Nel documento si indica la creazione di un SSTO (single-stage-to-orbit) e di razzi riutilizzabili entro il 2030 e di una navetta nucleare entro il 2045. Beninteso, il Dragone ha appena iniziato la Fase 4 del proprio programma di esplorazione lunare che prevede, entro il 2024, il primo posizionamento di una costellazione di piccoli satelliti intorno alla Luna in grado di offrire servizi di comunicazione e navigazione per future spedizioni. Oltre alla creazione di una nuova base di ricerca lunare internazionale, dietro il programma di Pechino ci sono due obiettivi ben precisi. Primo, entro il 2030 condurre un’estesa esplorazione scientifica sul polo sud della Luna e stabilire una specifica struttura di ricerca lunare. Secondo, entro il 2035, lo sviluppo di una base robotica permanente sulla Luna inclusiva di strutture per ospitare l’uomo per lunghi periodi. Il programma cinese di comunicazione e navigazione lunare è oggi il più avanzato e, come tale, se ne prevede una partecipazione dei Paesi BRICS. NASA (progetto LunaNet) e ESA (iniziativa Moonlight) sono alle fasi iniziali.

Anche il Regno Unito non è stato a guardare. L’agenzia spaziale britannica ha recentemente firmato un contratto con il gruppo Rolls-Royce per uno studio sulle future opzioni dell’energia nucleare per l’esplorazione spaziale. Ben venga se quanto sta accadendo a livello internazionale dovesse influenzare i prossimi progetti dell’ESA. Rappresenterebbe anche una grande opportunità per l’industria aerospaziale e stimolerebbe la creazione di partenariati tra imprese, industria e governi che contribuiranno a creare posti di lavoro e a portare avanti miglioramenti e innovazioni scientifico-tecnologiche in grado di produrre progresso.

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