Il presidente degli Stati Uniti potrebbe non essere ancora soddisfatto di quanto messo in atto finora dalla sua amministrazione dal punto di vista dell’economia. Le “guerre commerciali“, promesse a numerosi Paesi che finora hanno sempre mantenuto un mercato corretto con gli Usa, potrebbero quindi essere ancora ai loro albori. Già da settimane sono in vigore i dazi del 25% sull’acciaio e l’alluminio esportati negli Usa e il prossimo 2 aprile, definito il “Liberation day“, Trump introdurrà i dazi reciproci nei confronti di qualsiasi partner commerciale che applica tariffe sui prodotti statunitensi.
Un colpo durissimo, le cui conseguenze saranno aggravate dai dazi del 25% sulle importazioni globali di automobili che entreranno in vigore il giorno successivo. Il Tycoon ha quindi deciso di colpire a tutto tondo, non lasciando respiro a nessun settore dei 15 Paesi che saranno colpiti dalle tariffe. Ormai, è giunto anche il turno dell’Europa, che dovrà fare i conti con il cambio di politica di un Paese che finora è sempre stato considerato un alleato.
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Non ancora soddisfatto di questa situazione, secondo il Washington Post, Trump starebbe valutando la possibilità di applicare dazi universali alla maggior parte delle importazioni, a prescindere dal Paese di origine di queste ultime. Si tratterebbe, al momento, solamente di un’ipotesi, ma sembrerebbe che il presidente Usa sia sempre più convinto che l’aumento delle tariffe sia il metodo migliore per rilanciare il settore manifatturiero e industriale dell’Ue.
Tra quanto si sentiranno le prime conseguenze dei dazi Usa
Anche se le prime tariffe rafforzate entreranno già in vigore la prossima settimana, alcuni esperti hanno stimato le tempistiche necessarie ad assistere al primo aumento dei prezzi. Per quanto riguarda i dazi reciproci, si ipotizza che i primi contraccolpi sul caro vita arriveranno dopo circa 5 o 6 mesi.
Per il mercato degli autoveicoli, invece, il ragionamento è diverso. I dazi colpiranno sia le automobili finite che i loro componenti, mentre saranno esenti le parti conformi all’Usmca, almeno finché il Dipartimento per il Commercio Usa non individuerà un processo adatto per applicare le tariffe solamente ai contenuti non statunitensi.
Secondo i calcoli effettuati da S&P Global Mobility, quasi la metà dei veicoli venduti negli Usa è importata. Si tratterebbe quindi di una cifra che equivale a sette milioni di automobili, provenienti per il 50% da Canada e Messico e poi soprattutto da Giappone, Sud Corea ed Europa. Si stima, quindi, che le case di produzione dei veicoli abbiano scorte sufficienti per circa un paio di mesi e che impiegheranno almeno altri due mesi per sviluppare un nuovo tariffario che si adegui ai dazi. Quindi, nel giro di 4 o 5 mesi si potrebbe notare un aumento dell’11 o del 12% sui prezzi delle auto, come sottolineato dagli analisti di Morgan Stanley.
Le reazioni italiane ai dazi
Sulla questione è intervenuto nuovamente Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, che ha sottolineato come l’Unione europea debba trovare una strategia unica per intervenire sui dazi, perché “non può essere che ogni Paese si metta a fare un negoziato“. Il leader degli industriali ha infatti ricordato che l’Europa riesce sempre ad unirsi nel momento della paura e che ora, quindi, è arrivato il momento di salvaguardare i mercanti interni ed esteri, in quanto ad oggi è necessario più che mai “che ci sia una tenuta economica complessiva dell’Europa“.
Il vicepresidente della Commissione Europea, Raffaele Fitto, ha invece sottolineato che l’alleanza tra Europa e Stati Uniti è fondamentale e in quanto tale va salvaguardata. In questo senso, “il dialogo con gli Usa deve essere portato avanti con serietà e determinazione e se ci sono delle azioni che non vanno nella giusta direzione risponderemo“. Sulla questione si è espresso anche il ministro delle Politiche agricole, Francesco Lollobrigida, che ha chiarito la necessità di “agire con diplomazia, non con lo scontro“, cercando di capire quali prodotti continuare a comprare dagli Usa invece che altrove.
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