Morta in un attentato alla periferia di Mosca, tornava dal festival “Tradizione” cui aveva preso parte insieme al padre
Giornalista e politologa, Dasha – vezzeggiativo russo del suo nome – si ispirava proprio a suo padre, da lei stimato e considerato un maestro. Anche lei laureata in filosofia all’università statale di Mosca, aveva indirizzato i suoi studi all’approfondimento del neoplatonismo, scandagliandolo in ogni suo aspetto. Antonio Gramsci, Martin Heidegger e il sociologo francese Jean Baudrillard erano rivendicati come i suoi modelli di riferimento.
Nei mesi ha sostenuto e incoraggiato apertamente l’aggressione ai danni di Kiev, facendosi interprete del conflitto: in un’intervista aveva definito la guerra come «uno scontro di civiltà». Come se non bastasse il suo nome è tra gli autori di un libro in uscita in autunno proprio sul tema, “Libro Z” – titolo dal chiaro riferimento alla lettera divenuta simbolo del sostegno all’invasione.
Leggi Anche
Dunque, un ruolo centrale nella comunicazione filo-Cremlino quello di Dugina, che dietro lo pseudonimo di Daria Platonovna ha di fatto collaborato proprio con emittenti gradite al governo, finendo nella black-list del Regno Unito per «aver espresso appoggio o promosso politiche favorevoli all’aggressione russa dell’Ucraina». Ma ha sempre manifestato fierezza e autocompiacimento per il fatto che sia lei che suo padre – già sanzionato dagli USA nel 2015 per il suo presunto coinvolgimento nell’annessione russa della Crimea – fossero finiti nelle liste nere dell’Occidente.
Chi è il padre Aleksandr Dugin
Considerato stretto collaboratore e fedele alleato del presidente russo pur non avendo mai esercitato ruoli ufficiali nel governo, nel più vasto Stato del mondo la reale vicinanza e influenza sul numero uno di Mosca è messa in discussione da molti. Filosofo e politologo, esponente della corrente eurasiatica del nazionalismo russo, incoraggerebbe la creazione di una superpotenza attraverso l’integrazione della Russia con le ex Repubbliche sovietiche. A detta di molti proprio i suoi testi avrebbero ispirato l’ideologia ultranazionalista di Putin che legittima e motiva l’attacco all’Ucraina.
La realtà però parrebbe diversa: nell’apparato istituzionale Dugin – a partire dal 2014 – è diventato sempre meno importante. Per il pensatore l’occupazione e la conseguente annessione della Crimea sarebbero state deboli e poco incisive e per questo avrebbe mosso delle critiche all’operazione del governo, finendo per essere superficialmente isolato. Sono perciò parecchi a ritenere Dugin soltanto lo strumento di una trama volta a restituire un clima filosofico-culturale alla nuova idea di Russia e non come colui che ha stimolato il modo di pensare del leader russo.
© Riproduzione riservata