Nuovo scandalo a Tel Aviv: capo dello staff di Netanyahu arrestato per ricatto

Tzachi Braverman avrebbe ricattato un alto ufficiale della segreteria militare del premier con l'obiettivo di ottenere l'accesso e modificare i verbali delle riunioni dell'inizio della guerra; il sospettato ha però negato ogni accusa, sostenendo che si tratti di un tentativo di indebolire il governo di Netanyahu nel mezzo della guerra

Redazione
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Il governo di Benjamin Netanyahu è di nuovo al centro di una bufera a seguito delle accuse nei confronti del capo dello staff del premier Tzachi Braverman, ritenuto responsabile del presunto ricatto a un alto ufficiale della segreteria militare del premier con l’obiettivo di ottenere l’accesso ai verbali delle riunioni dell’inizio della guerra. Lo scandalo sarebbe stato rivelato a pochi giorni da un altro terremoto politico, quello riguardante Eli Feldstein, portavoce militare dell’ufficio di Netanyahu, che sarebbe tra i sospettati nelle indagini per la fuga di informazioni riservate dall’Idf (Forze di Difesa Israeliane).

Secondo quanto riportato dai media locali, sarebbe stata aperta una seconda indagine riguardante le presunte modifiche apportate ai verbali delle riunioni che si sono svolte tra il primo ministro e il suo ex capo militare. Secondo le accuse, poi, sembrerebbe che Braverman possa anche aver raccolto video sensibili dalle telecamere di sicurezza dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Al momento però non è chiaro per quale motivo il capo dello staff possa averli utilizzati.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant sul Libano
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant

Per ora, quindi, risulterebbe difficile ricostruire un quadro chiaro della vicenda, a causa dei numerosi punti oscuri che ancora la circondano. Il nuovo caso di presunte interferenze con l’operato del governo di Netanyahu sembrerebbe far sorgere sempre più dubbi sulla sicurezza interna del Paese, tanto che, secondo un alto funzionario delle forze dell’ordine israeliane, che la polizia starebbe provando a ridurre il cerchio dei sospettati della prima fuga di informazioni e di allontanarla dalla cerchia di Netanyahu.

Israele, il caso Braverman

Per quanto riguarda il secondo filone di indagini che riguarda la cerchia più ristretta intorno al premier Netanyahu, sembrerebbe che il capo dello Staff abbia negato ogni tipo di accusa, sostenendo che “la seria affermazione che io possieda la documentazione di un qualsiasi ufficiale o che abbia cercato di ricattare qualcuno è falsa“. Braverman avrebbe infatti parlato di una “bugia“, di un tentativo di infangarlo e soprattutto di “danneggiare la mia figura e l’ufficio del primo ministro nel mezzo della guerra“. Lo Stato ebraico, infatti, non sembra intenzionato a porre fine al conflitto in Medio Oriente, e così si trova ad affrontare sia una guerra sul settore che una su quello interno.

Secondo quanto riportato, le prime notizie riguardanti la possibile ricerca di informazioni su un ufficiale dell’esercito sarebbero giunte alcuni mesi fa, quando fu informato per primo il capo di stato maggiore dell’Idf Herzl Halevi. Sembrerebbe che Braverman abbia ricattato l’ufficiale, affinché questo alterasse i verbali delle riunioni, utilizzando un video compromettente. Secondo l’emittente pubblica Kan, sembrerebbe che il video del ricatto sia stato girato dalle telecamere di sicurezza dello studio di Netanyahu e che altre persone lo abbiano visto.

Israele, il caso Feldstein

Un caso ben più complesso è quello che riguarda l’arresto di Eli Feldstein, accusato di aver diffuso notizie confidenziali a media internazionali, tra cui il giornale tedesco Bild e il britannico Jewish Chronicle. Secondo quanto dichiarato dai media locali, la presunta fuga di notizie potrebbe aver messo a repentaglio gli sforzi per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi. Uno degli articoli, pubblicato sul Jewish Chronicle, avrebbe riferito l’intenzione di Hamas di trasferire gli ostaggi fuori da Gaza, probabilmente in Egitto; Bild avrebbe invece pubblicato un reportage che accusava Hamas di non essere intenzionato ad accettare gli accordi ma di volerli utilizzare solo come strategia psicologica contro Israele.

Netanyahu ha negato ogni coinvolgimento del suo ufficio, a seguito delle critiche ricevute, in quanto l’opinione pubblica avrebbe ritenuti gli articoli una sorta di “copertura politica” per le azioni del governo di Israele. Nel mirino delle accuse sono finiti anche i giornali coinvolti nella fuga di notizie. Alcuni giornalisti del Jewish Chronicles hanno infatti deciso di abbandonare il giornale in segno di protesta.

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