Borrell: “Sentenza Cpi non è antisemita e non è una decisione politica”

L'Alto rappresentante dell'Ue ha inoltre confessato che "non è sempre stato facile rappresentare l'Ue di fronte a questo conflitto. I Paesi membri sono profondamente divisi: basta guardare le reazioni davanti alla decisione della Cpi"

Redazione
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L’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha parlato del mandato di arresto nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant durante la Conferenza della coalizione dei due Stati sul Medio Oriente a Cipro. Borrell ha difeso con sicurezza la decisione della Corte penale internazionale, che include anche il mandato d’arresto per il comandante di Hamas, Mohammed Deif, per crimini contro l’umanità, tra cui omicidio e tortura, durante l’attacco del 7 ottobre 2023.

Borrell: “Criticare il governo di Netanyahu non mi rende antisemita

Già nei giorni scorsi l’alto rappresentate Ue durante una conferenza stampa ad Amman, in Giordania, aveva affermato che la decisione di procedere con il mandato di arresto per il premier israeliano da parte della Cpi “non è stata politica ma presa da una corte e quindi dovrebbe essere rispettata e applicata. Questo vale per tutti gli stati che riconoscono la Corte e tra questi tutti gli stati europei che devono rispettarla e applicarla”.

Josep Borrell
Josep Borrell

E oggi è tornato a difendere questa sentenza che ha provocato una varietà di reazioni tra i leader mondiali: gli Stati Uniti hanno condannato fortemente la Corte, il premier ungherese ha dichiarato di voler invitare Netanyahu in Ungheria per proteggerlo e l’Italia ha criticato il fatto di aver messo il premier israeliano sullo stesso piano del gruppo terroristico Hamas. Ci sono invece altri paesi che hanno difeso questa sentenza, con l’Olanda in prima linea che si è detta pronta ad eseguire il mandato d’arresto rilasciato dalla Cpi, che ha la sede proprio sul territorio olandese.

“La decisione della Cpi non ha nulla a che fare con l’antisemitismo e non è una decisione politica. Sono allarmato dall’estrema politicizzazione delle reazioni alla decisione della Corte” ha affermato con sicurezza Borrell. Quindi ha ribadito di voler “alzare la voce a sostegno della Corte penale internazionale e ricordare che le sue decisioni sono vincolanti per i Paesi Ue”. Ci ha tenuto a far sapere che considera l’antisemitismo come la cosa “più crudele, più stupida, più inaccettabile, la peggiore invenzione dell’umanità” e che per lui questa parola non può essere usata invano.

Ha affermato che “l’antisemitismo ci riporta ai momenti bui della nostra storia e abbiamo la responsabilità che questo non accada di nuovo”. E ha sottolineato che “non bisogna dire che tutti sono antisemiti: io non sono antisemita, i dipendenti delle agenzie dell’Onu non sono antisemiti”.

Ha precisato che criticare il governo di Netanyahu non significa essere antisemita: “Ho il diritto di criticarlo, perché è un governo democratico, così come hanno il diritto di criticare qualsiasi altro governo al mondo. Ma criticare il modo in cui conduce la guerra non mi rende antisemita. I migliori amici del popolo israeliano sono quelli che ricordano che c’è un limite al diritto di difesa. E questi limiti si basano sul diritto internazionale e sul rispetto della dignità umana”. 

Borrell ha ricordato che quando la Corte penale internazionale ha emanato il mandato d’arresto contro Putin, i paesi europei hanno sostenuto questa decisione. Quindi “non possiamo scegliere le decisioni che ci piacciono e quelle che non ci piacciono, e dobbiamo garantire che la Cpi sia in grado di funzionare senza minacce e intimidazioni”, ha osservato il capo della diplomazia dell’Unione, invitando a non usare “doppi standard”. 

Ha confessato che “non è sempre stato facile rappresentare l’Unione Europea di fronte a questo conflitto. I Paesi membri sono profondamente divisi: basta guardare le reazioni davanti alla decisione della Cpi“. È poi tornato a fare appello alla fine dell’impunità “per tutte le parti” coinvolte nel conflitto mediorientale. “Se c’è impunità, non ci sarà mai giustizia. E quello che vediamo fare alla Corte penale internazionale è lavorare per porre fine all’impunità” ha concluso.

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