“Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché, dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo“, sono queste le prime parole del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, pronunciate nel corso della sua testimonianza davanti alla commissione affari giuridici e diritti umani dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Alla presenza di una platea composta per lo più da giornalisti, Assange lancia il suo appello contro lo strapotere della Nazioni, nello specifico gli Stati Uniti, che per proteggere i loro interessi riescono a privare liberi cittadini dei loro diritti fondamentali.
Il fondatore di Wikileaks ha passato gli ultimi 14 anni della sua vita in carcere, ricercato dalla giustizia statunitense che lo accusava di aver rivelato segreti di Stato e di aver messo in pericolo la sicurezza stessa degli Usa. “Se le cose non cambiano, nulla impedirà che quanto è accaduto a me accada di nuovo” ha tuonato il giornalista, sostenendo che al momento “gli europei devono obbedire alla legge sullo spionaggio degli Stati Uniti“. Julian Assange, quindi, vuole esortare tutti a prendere consapevolezza dei pericoli verso cui si sta muovendo la libertà di informazione, che rischia di essere soggiogata dall’influenza di figure impotenti, governi compresi.
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“Se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro” ha infatti sottolineato il giornalista, spronando le istituzioni europee a muoversi nella direzione giusta, affinché i diritti di tutti vengano garantiti e lo strapotere di pochi venga debellato.
Assange: “Il giornalismo non è un crimine, è attivismo per la verità“
Il cittadino australiano ha chiarito di aver scelto “la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia“, poiché al momento a lui è preclusa ogni possibilità di essere riabilitato. Il fondatore di Wikileaks ha infatti spiegato che gli Usa avrebbero inserito all’interno del suo patteggiamento il divieto di presentare il suo caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo o di inoltrare una richiesta di legge sulla libertà di informazione.
Il giornalista ha insistito a lungo su questo punto, sostenendo che “la libertà di espressione e tutto ciò che ne consegue si trovano a un bivio oscuro” e ricordando che quindi c’è ancora la possibilità di agire prima che la situazione sfugga dal controllo. Nel caso in cui, però, non si riesca effettivamente ad agire, secondo Assange potrebbe “essere troppo tardi” per tutelare i diritti dell’umanità.
Per l’ex detenuto, però, al momento la legge non sarebbe uno strumento su cui fare affidamento, perché “quando si arriva al dunque, le leggi sono solo pezzi di carta e possono essere reinterpretate per convenienza politica“. Assange ha quindi sfoderato gli artigli, pronunciando un attacco diretto agli Usa: “Nel caso degli Stati Uniti abbiamo fatto arrabbiare uno dei poteri costituenti, ovvero l’intelligence che è abbastanza potente da spingere per una reinterpretazione della Costituzione“.
Assange ha quindi chiarito che il suo principale errore è stato quello di fidarsi del sistema della giustizia, imparando invece che “quando una fazione di potere vuole reinterpretare la legge può spingere una parte dello Stato, in questo caso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, a farlo. Non curandosi troppo di ciò che è legale“.
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