Unicredit ha confermato di possedere il 4,1% delle azioni nel capitale sociale di Generali, ponendo dunque fine alle speculazioni che da ieri sera continuavano a rimbalzare nel settore finanziario. L’annuncio è giunto tramite una nota ufficiale, in cui la banca ha anche sottolineato di non avere alcun “interesse strategico” in Generali, ma di essere del tutto concentrata sull’esecuzione del piano strategico Unicredit Unlocked, sull’offerta di scambio in corso su Banco Bpm e sull’investimento in Commerzbank.
Di conseguenza, il colosso guidato da Andrea Orcel ha spiegato che tale percentuale di azioni è stata accumulata nel corso degli anni e rappresenta un “puro investimento finanziario” e non sarebbero quindi collegate al recente rialzo dei titolo di Generali, che ha superato i 30 euro per azione, ovvero il valore più alto dal 2007. L’indiscrezione del Sole 24Ore, pubblicata nella tarda serata di ieri, alimentava invece la speculazione sulla possibile dinamica di potere che queste azioni avrebbero creato. Secondo la testata, infatti, Unicredit avrebbe potuto influenzare la riconferma dell’amministratore delegato di Generali, Philippe Donnet, nel corso dell’assemblea degli azionisti prevista per l’8 maggio.
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All’interno di questa assemblea, poi, sono presenti alcuni nomi che sono saliti alla ribalta negli ultimi giorni. Tra gli azionisti del Leone, infatti, risultano anche Mediobanca e i due soci di quest’ultima: come Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio. Questi ultimi potrebbero tentare di ostacolare la riconferma di Donnet, che si avvierebbe verso il quarto mandato.
Unicredit si inserisce nel nuovo Risiko bancario
La conferma di Unicredit giunge in un momento piuttosto delicato per il settore bancario italiano. Lo scorso 25 gennaio, infatti, Monte dei Paschi di Siena ha sorpreso tutti con la presentazione di un’offerta per l’acquisto delle quote di Mediobanca, che ha fatto sorgere numerosi dubbi. Oltre alla presenza di Caltagirone e Delfin, che sono soci di entrambe le banche e creerebbero quindi un “intreccio azionario” piuttosto complesso da gestire, ha fatto storcere il naso la presenza delle quote dello Stato all’interno di Mps.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha deciso di smarcarsi immediatamente dalla questione, dichiarando che il compito dello Stato non è quello di fare il bancario e che quindi tra alcuni anni è prevista l’uscita definitiva del Mef dalle quote della banca. A porre fine alla polemica, per il momento, è stata proprio la bocciatura di Mediobanca, che ha definito l’offerta “ostile” e non concordata. Secondo Piazzetta Cuccia, infatti, questa acquisizione potrebbe rivelarsi “distruttiva” per il valore della banca, in quanto non avrebbe “valenza industriale” e quindi pregiudicherebbe il profilo di Mediobanca.
Allo stesso tempo, la sessa Unicredit è impegnata su più fronti. Lo scorso 25 novembre ha infatti lanciato un’OPS (Offerta Pubblica di Sottoscrizione) sulla totalità delle azioni di Banco BPM per oltre 10 miliardi di euro. Questa è stata però rifiutata da Bpm, in quanto non rifletterebbe il reale valore della banca e non sarebbe stata precedentemente concordata. Questa operazione ha destabilizzato in quanto giunta a poca distanza dal tentativo di Unicredit di aumentare la percentuale di quote possedute nella banca tedesca Commerzbank, di cui al momento detiene il 21%, ma che potrebbe salire al 29,9% se la Bce se lo permetterà.
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