Il Governo continua a lavorare sul taglio pensioni dei dipendenti pubblici per cercare di limitare i danni e salvaguardare soprattutto i lavoratori del reparto sanitario, scolastico e giudiziario. Un impegno che porta con sé notevoli difficoltà, soprattutto in vista dello sciopero del 5 dicembre, annunciato dai dipendenti degli enti locali, dagli insegnanti delle scuole materne ed elementari, dagli ufficiali giudiziari e medici.
Lo scontento continua a circolare. Il governo sta cercando di trovare una soluzione che possa accontentare tutti e allo stesso tempo portare un risparmio alle casse italiane.
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Il taglio dell’assegno pensionistico partirà dal 2024 per circa 30.000 dipendenti su un totale di 700.000 fino al 2043. Verrà modificato il metodo di calcolo della pensione, secondo cui gli anni lavorati dal 1981 al 1995 varranno meno degli altri. Questo perché in quegli anni l’importo pensionistico era calcolato secondo i criteri di una cartella risalente al 1965, mentre il governo Meloni ha deciso di allinearlo ai criteri degli altri altri. Tale decisione ha però una funzione retroattiva, che di conseguenza colpisce anche chi in quegli anni era riuscito a maturare una pensione di un certo peso.
Con questa modifica, le categorie incluse nel taglio vedranno andare in fumo il 25% della loro pensione. Di conseguenza i lavoratori pubblici compresi in questo taglio hanno iniziato a cercare delle soluzioni che possano evitare loro la perdita di contributi duramente guadagnati. La soluzione individuata dalla categoria dei medici è quella di andare in pensione anticipata nel 2023, anno in cui il taglio pensionistico non sarà ancora attuato. Le conseguenze verranno però patite dal Sistema Sanitario Nazionale, che già subisce i contraccolpi della mancanza di personale.
Le soluzioni del governo Meloni
Il governo sta vagliando varie opzioni per cercare di modificare la norma nel modo più adatto possibile. Non è comunque possibile eliminare del tutto il provvedimento, visti anche gli ingenti risparmi che lo Stato potrebbe guadagnare.
La Lega ha richiesto di poter far slittare la messa in atto del provvedimento di qualche anno, cercando quindi di porre un cerotto all’emorragia e rimandando il problema di qualche anno. Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno invece considerato la possibilità di rendere immuni i medici e il personale sanitario dal taglio pensionistico. Entrambe le proposte però non risolvono la radice del problema, che continua a creare scontento tra le categorie interessate.
Una terza possibilità, forse più equa, è ora al vaglio del governo che vorrebbe creare una distinzioni tra i pensionati: coloro che usufruiranno della pensione anticipata, con 42 anni e 10 mesi di contributi, otterranno un assegno pensionistico più basso, mentre chi andrà in pensione per vecchiaia, a 67 anni di età e 20 di contributi, potrà ottenere una pensione più alta. In questo modo si lascerebbe la decisione ai diretti interessati, che potranno decidere quale modalità di pensionamento è più consona alla loro situazione.
Il testo della manovra sul taglio pensioni
L’articolo 33 del testo della Legge di Bilancio prevede una rivalutazione delle aliquote di calcolo che comporteranno tagli importanti sugli assegni pensionistici dei dipendenti pubblici. Grazie a questi tagli, lo Stato italiano potrà guadagnare circa 21 miliardi di euro fino al 2043. Una cifra ingente che potrebbe risollevare il destino economico del nostro Paese, ma sulle spalle dei dipendenti pubblici.
Una diminuzione degli assegni pensionistici di chi ha lavorato a lungo e duramente e che ora si ritrova a dover fare i conti con una manovra che non sembra riconoscere i loro sforzi. È comprensibile la necessità di dover modificare le modalità della retribuzione pensionistica, ma è impensabile farlo con funzione retroattiva.
Nel 2025 l’impatto pro capite annuale del ricalcolo pensionistico varrà 815 euro lordi e 530 euro netti, mentre nel 2028 queste cifre aumenteranno rispettivamente fino a 1.443 euro e 938 euro. Secondo le stime per quanto riguarda i medici, il taglio nel 2025 sarà di 2.767 euro l’anno e riguarderà 7.300 dipendenti, mentre gli insegnanti perderanno circa 700 euro l’anno.
Nel 2024 le pensioni colpite saranno circa 31.500 con un ricavo per lo Stato di circa 11.5 milioni di euro netti, mentre nel 2025 si salirà a 81.500 pensioni con un taglio medio di 530 euro.
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