Stop accordo sul grano dalla Russia: cosa vuol dire per l’Italia?

Lo stop all’accordo interrompe le spedizioni anche verso l’Italia. Sono arrivati dall’Ucraina quasi 2,1 miliardi kg di mais, grano tenero e olio di girasole

Giulia Fuselli
2 Min di lettura

Lo stop all’accordo sul grano dalla Russia può sembrare un ago nel pagliaio dei problemi in cui riversa l’economia italiana. Nella realtà la situazione è grave. A confermarlo è l’analisi di Coldiretti sui dati del Centro Studi Divulga in riferimento all’impatto dello stop al patto Onu tra Ucraina, Turchia e Russia, sul transito delle merci nei tre porti sul mar Nero di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa.

Coldiretti, infatti, chiarisce che si tratta di 1,4 miliardi di chili di mais, 434 milioni di chili di grano, 100 milioni di chili di olio di girasole e altri cereali.

Stop accordo grano: quali sono le conseguenze per l’Italia

Le conseguenze dello stop sono letali per l’Italia. Coldiretti sottolinea come il blocco delle spedizioni di cereali sul Mar Nero è preoccupante per le forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui l’Ucraina contende all’Ungheria il ruolo di principale fornitore dell’Italia.

L’alimentazione degli animali nelle stalle ha dei costi di produzione che sono saliti alle stelle. Lo stop al passaggio delle navi cariche di cereali sul Mar Nero alimenta perciò il rischio di carestia in ben 53 Paesi. Un rischio anche per la stabilità politica.

Stop accordo grano. l’analisi Coldiretti

L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Quest’ultimo sottolinea come occorra continuare a lavorare sugli accordi di filiera tra le imprese agricole ed industriali con obiettivi specifici.

Serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni anche sostenendo la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici” conclude Prandini.

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