Raccolta del grano: la diminuzione è del 10%

L’andamento climatico dell’ultimo periodo ha ridotto il potenziale produttivo della coltivazioni più diffusa in Italia

Francesco Ragugini
3 Min di lettura

La raccolta del grano in Italia nel 2023 è stimata con una flessione negativa del 10%. Lo afferma la Coldiretti in riferimento alle operazioni di trebbiatura in corso: la congiuntura si complica anche per le tensioni internazionali per la scadenza dell’accordo Onu sul commercio di grano nei porti del Mar Nero in Ucraina.

Il rischio è che il raccolto di grano duro nazionale per la pasta possa scivolare a poco più di 3,7 milioni di tonnellate mentre quello di grano tenero per pane e biscotti rischia di attestarsi sotto i 2,7 milioni di tonnellate.

L’andamento climatico dell’ultimo periodo ha ridotto il potenziale produttivo della coltivazioni più diffusa in Italia, nonostante l’incremento di superficie del tenero con l’alluvione che è costata solo all’Emilia Romagna un taglio della produzione tra il 12 e il 15%, secondo il monitoraggio di Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia.

Il taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori, inoltre, è del 40 % rispetto allo scorso anno. A fronte all’aumento del prezzo della pasta al consumo rilevato dall’Istat a giugno pari al 12%, il grano duro nazionale necessario per produrla è pagato 33 centesimi al chilo agli agricoltori.

I motivi dell’aumento del costo del grano

Le manovre speculative si sono inserite nelle importazioni di grano duro dal Canada: queste sono aumentate del +1018%, passando da 38,3 milioni di chili dei primi tre mesi dello scorso anno ai 428,1 milioni dello stesso periodo del 2023, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. In Canada il grano, inoltre – sempre secondo Coldiretti – è coltivato utilizzando glifosate in preraccolta come disseccante, secondo modalità vietate in Italia.

Il grano importato in Italia

L’Italia non è dipendente dalle importazioni di grano dall’Ucraina: i nostri maggiori fornitori di grano sono Francia (19,9%), Canada (14,4%) e Ungheria (13%).

La Cina si conferma al primo posto per la produzione di riso e grano, mentre è al secondo posto per quella di mais, dove viene sorpassata dagli Stati Uniti, che si confermano il primo produttore mondiale.

Le coltivazioni di frumento hanno raggiunto un costo tra i 1.200 e i 1.400 euro per ettaro, con un aumento di circa il 30% rispetto al 2022.

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