Manovra, il governo “alle strette”: al via giri di vite e rinvii per salvare l’Italia

Giorgetti starebbe valutando la possibilità di inviare il Piano di rientro a seguito del 23 settembre, per sfruttare i dati presumibilmente positivi che saranno pubblicati dall'Istat. Intanto, al Ministero dell'Economia si continuano a simulare i risultati della prossima legge di bilancio, nella speranza di non dover tradire troppo la fiducia dei cittadini

Redazione
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La manovra finanziaria è in piena discussione negli ambiti del governo e del ministero dell’Economia e delle Finanze, dove si riflette e si ragione sulle possibilità a cui va incontro il Paese, nella consapevolezza della presenza di rigidi paletti posti da Bruxelles per il prossimo anno. I tremila miliardi di debito pubblico pesano sulle spalle degli italiani e l’Unione europea non può più permettere che l’Italia continui a spendere, senza tenere in considerazione la comunità di cui fa parte.

Il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti e il premier Giorgia Meloni avranno quindi l’arduo compito di dimostrare all’Ue che l’Italia è pronta a migliorare, almeno nell’ambito economico e finanziario. I primi problemi, però, hanno già iniziato a sorgere, a causa delle richieste dei vari partiti, che non si rassegnano al periodo di austerità a cui si sta andando incontro, e delle promesse fatte agli italiani. Il taglio del cuneo fiscale è stato rinnovato per il 2025 così come il taglio dell’Irpef, ma entrambe le misure non sembrano sostenibili a lungo termine.

Quindi, per dare maggiori possibilità all’Italia, è probabile che Giorgetti decida di ritardare l’invio del Piano strutturale di bilancio richiesto dalle nuove regole Ue, affinché in esso possano essere inseriti i conti nazionali dell’Istat che saranno pubblicati il 23 settembre. La data di scadenza per l’invio del piano sarebbe il 20 settembre, ma l’Ue si mostrerà comprensiva nei confronti di quei Paesi che avranno bisogno di più tempo per presentare il documento.

Le possibilità della prossima manovra finanziaria

La decisione del Mef di rinviare il Piano strutturale ai primi giorni di ottobre, potrebbe consentire all’Italia di giungere davanti agli scrutatori di Bruxelles con una situazione meno tragica di quella attuale. Si ipotizza, infatti, che i dati che saranno pubblicati dall’Istat potrebbero dimostrare che il Pil del 2023 è in rialzo rispetto agli anni passati, tanto da diminuire il rapporto con deficit e debito. A questo risultato positivo si aggiungerebbe poi anche il buon risultato dei 19 milioni di euro di gettito fiscale registrati quest’anno in più di quello precedente.

Giancarlo Giorgetti
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze

Piccoli passi in avanti che però dimostrerebbero a Bruxelles le buone intenzioni dell’Italia, nella consapevolezza che il Paese sarà costretto a chiedere un allungamento dei tempi per la messa in atto del Piano strutturale da 4 anni a 7 anni, a causa della complessa situazione in cui versa l’economia.

Le ipotesi di rientro per il 2025

Il lavoro sulla manovra del 2025 si rivela ben più complesso rispetto a quello degli scorsi anni. Non saranno ammessi errori e non sarà permesso infastidire Bruxelles. Si ipotizza chela copertura di nuove spese sarà ben più difficile e che il margine della legge di Bilancio sarà più stretto. In questo quadro bisognerà cercare di accontentare le richieste di tutti e soprattutto di non traumatizzare i cittadini. Il 2025 sarà quindi un anno economicamente più rigido, con le leggi di spesa e gli emendamenti del Parlamento che dovranno essere coperti sia dall’indebitamento netto, dal fabbisogno e dal saldo netto da finanziare sia dalla traiettoria della spesa.

Inoltre, per queste tipologie di interventi non sarà più possibile intervenireuna tantum“, né si potrà usufruire della riprogrammazione della spesa per il cofinanziamento dei fondi Ue. In questo senso risulta molto più complesso confermare i 18 miliardi di spesa necessari a mantenere gli interventi e i bonus previsti dalla scorsa manovra. Così, per cercare fondi che possano sostenere queste spese, si sta valutando la rimozione di alcune agevolazioni e incentivi e lo stop ai bonus pioggia, che si sono rivelati profondamente deleteri per le casse dello Stato.

Il ministero starebbe quindi lavorando su tre fronti differenti. Innanzitutto, le deduzioni fiscali, su cui si ragiona per la riduzione dei tetti di reddito al di sopra dei quali detrazioni e deduzioni scendono e si annullano, poi le revisioni dei bonus per le ristrutturazioni edilizie, che sono stati sfruttati fin troppo durante il periodo del Covid e della crisi energetica. Infine, si discute sul rifinanziamento per la prima casa, su cui vi sono pareri discordanti proprio a causa dei costi che potrebbe portare con sé.

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