Leo nega il flop del concordato fiscale: “Non facciamo stime, quello che arriva sarà ben accetto”

Secondo le stime dei commercialisti le partite Iva che avrebbero aderito alla proposta oscillerebbero tra il 10% e il 15% del totale; un numero troppo esiguo per rispondere alle richieste di FI e Lega sul taglio dell'Irpef e l'allargamento della Flat tax

Redazione
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Sarei prudente ad usare la parola fallimento“, così il viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo ha risposto in audizione alla Commissione Bilancio del Senato a chi nutre numerosi dubbi sul gettito che potrà essere garantito dal concordato fiscale tra le partite Iva e l’Agenzia delle entrate. I dati dei commercialista sulle adesioni alla riforma fiscale firmata dallo stesso Leo, però, non sembrerebbero confortanti: i lavoratori dipendenti che hanno deciso di partecipare alla proposta del governo oscillano tra il 10% e il 15% del totale.

Un numero piuttosto esiguo, soprattutto se si tiene in considerazione il piano del governo per il gettito di questo concordato. Al momento nella Legge di bilancio per il 2025 non vi sarebbero stime sulle entrare del concordato, ma fino a poche settimane fa al Mef si auspicava che questo toccasse i due miliardi di euro. In questo modo si sarebbe creato un “tesoretto” che avrebbe permesso all’esecutivo di ragionare sulla diminuzione di uno o due punti percentuali sull’aliquota Irpef del 35%, come desiderato da Forza Italia, oppure per allargare la Flat tax oltre la soglia degli 85mila euro, come auspicato dalla Lega.

Il termine per l’iscrizione dei lavoratori indipendenti scade domani 31 ottobre e sembrerebbe che negli ultimi giorni si sia verificato una sorta di sprint finale che avrebbe aumentato il numero totale delle iscrizioni al concordato. Al momento però non è possibile procedere con stime precise, come sottolineato dallo stesso Leo: “Il gettito aggiuntivo dal concordato sicuramente ci sarà. Non abbiamo stimato entrate, quindi tutto quello che arriverà sarà ben accetto“.

Concordato fiscale, Leo: “I risultati arriveranno tra una decina di giorni

Il viceministro dell’Economia nutre numerose speranze nei confronti del concordato fiscale, nonostante i dati non proprio positivi pubblicati in queste ore. Le entrate derivanti dall’accordo potrebbero infatti rivelarsi una boccata d’aria fresca per la Legge di bilancio, stretta tra maglie rigorosissime con pochissimi margini di manovra. Il concordato, infatti, prevede un vero e proprio accordo tra i contribuenti e lo Stato, affinché entrambi possano giovare rispettivamente di tasse più basse da pagare e di entrate maggiori.

Si tratterebbe, insomma, di uno strumento per combattere l’evasione fiscale che permetterebbe alle casse dello Stato di ottenere un maggiore pagamento delle imposte e al tempo stesso aiuterebbe le partite Iva a mettere in paro i conti e pagare importi minori nei prossimi due anni. Infatti, per coloro che presentano una parte di reddito che eccede quanto dichiarato nel 2023 è prevista una mini imposta del valore tra il 10% e il 15% del totale, oltre al pagamento delle stesse tasse degli anni passati per il 2024 e il 2025, anche se il guadagno sarà maggiore rispetto al reddito pattuito con l’Agenzia delle Entrate.

Maurizio Leo, viceministro Mef su concordato preventivo
Maurizio Leo, viceministro Mef su concordato preventivo

In questo modo, o almeno secondo il ragionamento di Maurizio Leo e del Mef, il governo potrà ottenere entrate maggiori rispetto a quelle finora raggiunte, poiché i cittadini saranno attirati dalla possibilità del pagamento di imposte minori. Inoltre, per chi aderisce, sono previsti due anni senza controllo fiscali. “Se un contribuente non aderirà al concordato e ritiene di essere nel giusto e di aver pagato le sue imposte non avrà nulla da temere” ha poi chiarito il viceministro, sostenendo che “non ci sarà alcun atteggiamento di tipo repressivo“.

Rispondendo poi alle domande riguardanti il termine per le iscrizioni, Leo ha chiarito che il Mef avrebbe voluto cedere alle richieste dei commercialisti, ma ha dovuto procedere in questo senso “perché possiamo, in base al gettito che verrà recuperato, fare degli interventi sulla riduzione delle aliquote, quello che abbiamo messo anche nella norma“. In poche parole il gettito deve giungere prima della chiusura della Legge di bilancio 2025 affinché possa essere utilizzato per l’Irpef o la Flat tax. In questo senso, il viceministro ha chiarito che i primi dati sulle nuove entrate saranno pubblicati dall’Agenzia delle entrato entro una decina di giorni.

Il controsenso dei ceti che pagano le imposte

La chiusura delle adesioni del concordato fiscale è giunta quasi in contemporanea con i dati dell’ultimo report di Itinerari previdenziali, che ha analizzato il quadro di chi effettivamente paga le tasse in Italia. La situazione, purtroppo, non sarebbe confortante. Secondo quanto analizzato sembrerebbe che il 15% dei contribuenti paghi il 63% dell’Irpef. dati che non sembrerebbero avere nessuna logica ma che in realtà sono figli del sistema degli sgravi fiscali presente nel nostro Paese.

Questo 15%, infatti, sarebbero i redditi superiori ai 35mila euro, ovvero coloro che ormai da anni non possono usufruire di bonus o tagli delle imposte, perché ritenuti classe media o comunque in grado di sopperire alle spese quotidiane. In questo senso, quindi, il restante 75,80% dei contribuenti, ovvero coloro che dichiarano redditi da 0 a 29mila euro, pagano solamente il 24,43% di tutta l’Irpef, ovvero “una tassa che non è neppure sufficiente a coprire la spesa sanitaria“.

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