L’Unione Europea ha avviato la sua controffensiva commerciale contro gli Stati Uniti, approvando un piano di dazi su prodotti americani per un valore complessivo di 21 miliardi di euro. Si tratta di una mossa strategica, articolata in tre fasi, con l’obiettivo di difendere gli interessi europei senza chiudere la porta al negoziato.
L’annuncio di una moratoria di 90 giorni da parte del presidente Trump apre uno spiraglio per le trattative. Bruxelles spera in un’intesa, pur mantenendo pronto un “arsenale” di misure che potrebbero colpire anche i colossi digitali statunitensi. Ma la domanda centrale resta: si riuscirà a evitare uno scontro frontale o siamo solo all’inizio di una guerra commerciale?
Le tre fasi dei dazi europei
La risposta dell’Unione Europea prevede l’introduzione di dazi su beni americani per un totale di 20,9 miliardi di euro, suddivisa in tre fasi distinte.
Dal 15 aprile scatteranno dazi del 10% e del 25% su prodotti per un valore di 3,9 miliardi di euro. Tra questi: motociclette Harley-Davidson con cilindrata superiore ai 500 cc, yacht di lusso, jeans, riso, burro d’arachidi, succhi di frutta, sigari, lavatrici, elettrodomestici, joystick per videogiochi e dischetti struccanti. Questo primo elenco era stato redatto già nel 2018, ma poi congelato.
Dal 16 maggio, una seconda ondata di dazi del 25% colpirà prodotti per un valore di 13,5 miliardi, molti dei quali provenienti da Stati americani a maggioranza repubblicana. Finiranno nel mirino carne bovina, legname, chewing gum, frutta e verdura, shampoo, dentifrici, saponi, ketchup, energy drink e altri articoli di largo consumo.
Dal 1° dicembre, infine, entreranno in vigore dazi del 25% su altri 3,5 miliardi di euro di prodotti, tra cui mandorle e semi di soia, considerati strategici per l’agricoltura europea. Il ritardo è pensato per dare tempo ai settori colpiti di trovare fornitori alternativi.
Una strategia calibrata e aperta al dialogo
L’approccio graduale dell’UE non è solo tecnico, ma anche politico. Bruxelles intende lasciare margini alla diplomazia, sfruttando la moratoria concessa da Trump per cercare una soluzione negoziata. I dazi europei, però, non verranno automaticamente ritirati: resteranno in vigore come risposta proporzionata alle misure statunitensi su acciaio e alluminio.
Ad oggi, i dazi americani hanno colpito oltre 380 miliardi di euro di beni europei, pari al 70% dell’export UE verso gli USA. Al contrario, le contromisure europee coprono meno di 21 miliardi. Questo squilibrio deriva dal fatto che l’Europa esporta molto più di quanto importi dagli Stati Uniti: nel 2023, le importazioni UE dagli USA sono state pari a 347 miliardi, contro circa 500 miliardi di export europeo. Un divario che limita la capacità dell’UE di replicare in modo pienamente simmetrico.
Altre armi sul tavolo
Oltre ai dazi, l’Unione Europea potrebbe colpire il settore dei servizi, in cui gli Stati Uniti vantano un surplus annuo di circa 100 miliardi di euro, in particolare nel digitale. Tuttavia, a differenza della politica commerciale, quella fiscale richiede l’unanimità degli Stati membri. Colpire le Big Tech americane sarebbe una mossa potente, ma anche geopoliticamente delicata.
Tra gli strumenti a disposizione dell’UE c’è anche il cosiddetto “bazooka europeo”: lo Strumento anti-coercizione, un regolamento introdotto nel 2023 per contrastare pratiche commerciali aggressive. Questo meccanismo consente all’UE di intervenire con misure straordinarie: restrizioni ai servizi, limiti agli investimenti, sospensione dei diritti di proprietà intellettuale. Finora è stato utilizzato solo come deterrente.
Obiettivo: evitare l’escalation
L’obiettivo finale dell’Unione Europea è l’eliminazione, o almeno la significativa riduzione, dei dazi statunitensi. La Commissione ha proposto a Washington un accordo per azzerare i dazi sui beni industriali, ma al momento l’offerta è rimasta senza risposta. La speranza è che i 90 giorni di tregua possano aprire un dialogo reale.
Nel frattempo, l’Europa si prepara. Con dazi già programmati, strategie di contenimento e strumenti di pressione, cerca un equilibrio tra fermezza e disponibilità al confronto. Il messaggio è chiaro: l’UE è pronta a difendersi, ma non intende rinunciare al dialogo.
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